Femminicidio, quando la colpa è da ricercare in casa

Alessia Della Pia è indubbiamente una vittima del femminicidio, ma di quello peggiore. Non che si possa stilare una classifica delle violenze migliori o peggiori, naturalmente. Ma ci sono crimini che disgustano più di altri, e questo – a mio parere – è uno di quelli.
Alessia è la donna uccisa di botte a Parma dal compagno. I giornali hanno diffuso altre informazioni: aveva 39 anni, un passato turbolento, viveva con il figlio; il fidanzato/assassino (o compagno, come è stato definito) ha 27 anni, è un pregiudicato (droga e violenza, sempre su una donna), di nazionalità tunisina.
Queste sono informazioni che possono identificare il crimine ma sulle quali non mi soffermerei. Preferisco sottolineare il fatto che Alessia è stata uccisa da un uomo che amava, e poi la sua memoria è stata infangata da un’altra persona, una donna, Rosanna Lau. Non speculerei nemmeno sull’appartenenza politica di quest’ultima, perché certe cose non hanno razza o colore. Sono idiozie, hanno un nome universale. Di fatto, la signora Lau in un post su facebook dichiara sostanzialmente che Alessia “se l’è cercata”. Partiamo da un presupposto: se se l’è cercata lei, se la sono cercata tutte. I dati ci confermano che non capita all’improvviso, il femminicidio. E’ il folle epilogo di una storia di botte, violenze e soprusi che dura nel tempo, sempre. Mesi, a volte anni. Se Alessia deve essere considerata corresponsabile, vale per tutte.
Ma non è nemmeno questo il punto, a mio parere. Il punto è che esiste al mondo ancora qualcuno che pensa che ci sia una sorta di giustificazione per gli omicidi. Che si scorda della mamma di una famiglia apparentemente perfetta uccisa dal marito subito dopo averci fatto l’amore, perché si era innamorato di una collega e la famiglia gli sembrava un peso. Lei aveva la “colpa” di aver sposato un uomo più giovane e immaturo? Se l’è cercata anche lei, giusto?
Di queste persone, questi geni del concorso di colpa femminile, vorrei sapere una sola cosa: se sono madri. Madri, non padri. Vorrei sapere se hanno dei figli, perché a questo punto inizio a preoccuparmi. Perché anche io credo che la colpa non sia tutta degli assassini, credo anche io che ci sia un concorso di colpa. Ma non delle vittime, ree di essersi innamorate dell’uomo sbagliato; delle madri degli assassini. Un essere di sesso maschile che cresce convinto dell’inferiorità della donna è una persona che non ha goduto dei principi di educazione, cultura, senso civico di base. Non parlo di complesse formule di fisica quantistica: parlo di rispetto. E la base ce la danno i genitori, madri in primis, che sin da piccoli ci insegnano le cose che non si devono fare mai, per nessuna ragione al mondo. Non mi riferisco al ‘non uccidere’, ma a qualcosa che nasce prima, ben più importante: il rispetto. Uomini di questo tipo sono figli di madri succubi, probabilmente, o a loro volta vittime di mariti violenti che non hanno saputo spiegare quanto la loro condizione fosse ingiusta; sono figli di donne che hanno fallito nel loro compito di madre. C’è qualcosa che accomuna questi assassini con gli imbecilli che in qualche modo li giustificano o alleggeriscono le loro responsabilità: sono tutti figli di persone che non sono state in grado di assolvere il loro compito genitoriale di base. Ecco perché credo che ci siano crimini più disgustosi di altri. Sono quei crimini commessi da una persona e giustificati da un’altra. E quando si parla di una donna che condanna un’altra donna sono ancora più disgustosi. Perché vorrei davvero sapere se queste sputasentenze si sono sempre innamorate di uomini modello, ma soprattutto mi piacerebbe avere la garanzia che non insegneranno mai l’educazione a qualcun altro. Altrimenti avremo un altro potenziale idiota che gira per il mondo, e mi sembra che ultimamente ce ne siano abbastanza.
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