Al Teatro Carcano “IL SOGNO DI UN’ITALIA”

Al Teatro Carcano di Milano, mercoledì 11 gennaio 2017 ore 20,30 “IL SOGNO DI UN’ITALIA – 1984/2004 Vent’anni senza andare mai a tempo”. Di e con Andrea Scanzi e Giulio Casale. Regia Angelo Generali.
Perché spesso in Italia la norma è eccezione e l’anomalia è regola? E’ quello che si chiedono Giulio Casale e Andrea Scanzi ne Il sogno di un’Italia. Dalla morte di Enrico Berlinguer all’ultima fuga di Marco Pantani. Dall’edonismo degli anni Ottanta al sangue del G8 di Genova. 1984-2004: due decenni che potevano cambiare l’Italia e non l’hanno cambiata. O forse l’hanno addirittura peggiorata. Restaurando e non rinnovando, come tanti piccoli gattopardi 2.0. Dopo il successo de Le cattive strade, Casale (voce e chitarra) e Scanzi (voce narrante) tornano in scena con uno spettacolo ancora più personale e attuale di Teatro Canzone, parzialmente ispirato al libro Non è tempo per noi di Scanzi.
Il sogno di un’Italia è il ritratto di un paese attraverso storie, istantanee e canzoni da Bennato a Fossati, da Gaber a Battiato, da De Gregori a Jeff Buckley. Sul palco sfilano miti e maestri, figure indelebili ed eroi quasi loro malgrado. Dal sacrificio di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino alle parole disilluse di Mario Monicelli (“La speranza è una trappola”), dalla promessa fatta e non mantenuta ad Antonino Caponnetto fino al Pantheon di fratelli maggiori che se ne sono andati troppo presto: Massimo Troisi, Ayrton Senna, il Pirata di Cesenatico.
In questo Il sogno di un’Italia, dal sottotitolo dolentemente jannacciano -Vent’anni senza andare mai a tempo – c’è la politica che non riesce più a generare appartenenza e c’è l’arte – musica, cinema, letteratura, giornalismo – che diventa fatalmente politica e dunque forse militanza.
E’ uno spettacolo che racconta vent’anni d’Italia con spirito critico, conservando però il desiderio di una vera ripartenza. Un tempo “ragazzi selvaggi”, ma solo nelle canzonacce dei Duran Duran, i quarantenni di oggi, la generazione di Casale e Scanzi, sognavano il cambiamento e si sono ritrovati prima Berlusconi e poi Renzi. Volevano la rivoluzione, ma solo nelle t-shirt. Cercavano un nuovo centro di gravità permanente, ma, per ignavia o quieto vivere, rischiano di avere inguaiato l’Italia.
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