Antonella Penati, mamma di Federico Barakat ucciso durante un colloquio protetto col padre: «vorrei la verità»

«Mio figlio quante volte è stato ucciso dallo Stato? Quanti bambini devono ancora morire?».
E’ Antonella Penati, mamma del piccolo Federico Barakat, a porsi queste domande durante una conferenza stampa svoltasi questa mattina a Milano. Le ha aggiunte ai 1000 “perché?” che dal pomeriggio del 25 febbraio 2009 le attanagliano la gola. Erano le 16,30 di mercoledì quando il suo ex uomo e padre di Federico, di nazionalità egiziana, durante una visita protetta all’interno di una stanza dei servizi socio-sanitario dell’Asl di San Donato Milanese, uccise il figlio sparandogli ed infliggendogli 30 coltellate prima di togliersi la vita. Una tragedia annunciata secondo Antonella che aveva più volte denunciato lo stimato operatore turistico per stalking e minacce. E proprio di queste accuse avrebbe dovuto rispondere il mese successivo.
Federico aveva 8 anni e mezzo e la forza per lottare tra la vita e la morte, quel giorno, lo abbandonò dopo 57 minuti di agonia.
Per quella morte vennero rinviati a giudizio Elisabetta Termini, dirigente del servizio sociale, Nadia Chiappa assistente sociale e Stefano Panzeri, un educatore.
A questa assoluzione in primo grado e la condanna a quattro mesi in secondo grado, (per la dirigente del servizio sociale), lo scorso 28 gennaio la Cassazione ha assolto tutti gli imputati. Sempre la Cassazione, il 6 marzo scorso, si è pronunciata assolvendo la psicologa dei servizi sociali del Comune di San Donato Milanese condannata in secondo grado per omicidio colposo per non aver vigilato sull’andamento dei rapporti tra un padre egiziano, che soffriva di disturbi mentali, e il figlio di nove anni affidato ai servizi sociali.
Una sentenza di assoluzione che la madre ritiene «inaccettabile».
«Il mio bambino – ha spiegato Antonella Penati nel corso dell’incontro a Palazzo Marino – ha cercato in tutti i modi di difendersi. Aveva le mani tagliate fino a dopo i polsi. Ha cercato di scappare. È stato massacrato con trenta coltellate. Federico non è stato ucciso con un colpo alla nuca, è morto per dissanguamento dopo 57 minuti. Dopo una serie interminabile di coltellate. Dov’era la persona preposta per la sua tutela? Si era allontanata qualche secondo…»
«Non sono qui a caccia di vendetta. Io – ha concluso la mamma di Federico – vorrei solo la verità, una verità che viene in tutti i modi messa a tacere».
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