Brexit: l’Europa dei Popoli rialza la testa

La Brexit ora è realtà. La Gran Bretagna si libera dal giogo europeo e si libra nell’aria, lasciandosi alle spalle le cornacchie del disastro annunciato. Una vittoria di misura, ma una vittoria chiara.
La solita pletora di vip acculturati radical chic, quelli inglesi compresi, avevano facilmente pronosticato in televisione il successo del ‘remain’ nel referendum sulla permanenza britannica nell’Unione Europea.
Malgrado il drammatico omicidio della laburista Jo Cox, che aveva fortemente impressionato l’opinione pubblica e che pareva aver riportato in auge il ‘sì’ alla permanenza, il voto ‘isolano’ è stato chiaro quantunque giunto quasi al fotofinish: a parte Londra e la Scozia, che per motivi diversi appaiono due realtà profondamente diverse dal resto del Regno Unito, ovunque il ‘leave’ si è imposto con forza.
La vittoria della Brexit è una vittoria dell’Europa dei Popoli contro quell’Europa delle Nazioni, che forse in origine non voleva essere tale, ma che con il passare dei decenni è sempre stata più tiranna che madre.
Nigel Farage si è già presentato davanti ai propri sostenitori, inneggiando alla vittoria e a quello che, in maniera corretta, ha già definito come l'”Independence Day”.
Il voto della Gran Bretagna deve essere di ispirazione e d’insegnamento per tutti gli europei. La storia e la tradizione del nostro continente non possono giacere consegnate nelle mani dei burocrati di Bruxelles. Presto, è auspicabile, saranno molte altre le nazioni che si renderanno conto che le leggi che arrivano dal centro del continente non sono poi così necessariamente leggi, che ogni popolo può riacquisire la propria storia e la propria dignità. Con il voto. Con la libertà. Con la democrazia. Quelle parole d’ordine che hanno fatto la storia dell’Europa e del mondo, ma che questi ultimi anni di democrazie europee ‘addormentate’ avevano spento, in attesa del bacio del risveglio, del bacio della Brexit.
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