Care Major, la colpa non è di Rotten Tomatoes

Rotten Tomatoes, la web di critica cinematografica libera più famosa del mondo, è sempre più il nemico dichiarato delle Major. Forse, però, sarebbe tempo che dalle parti di Hollywood cominciassero a fare un po’ di autocritica invece di puntare il dito sugli spettatori.
L’ultima celebre vittima della critica di Rotten Tomatoes è stata niente di meno che Tom Cruise, con il suo La Mummia. Un film che ha ricevuto solo il 16% di review positive da parte dei Tomatoer (gli utenti del sito che si dedicano a valutare le praticamente ogni pellicola) ed il 44% di mi piace da parte degli spettatori che sono andati a vederlo. Non certo valutazioni lusinghiere.
E cosa hanno pensato bene di fare quelli della Universal? Dare la colpa al web ed a questi spettatori che si permettono di dire se un film gli piace oppure no. E non sono stati gli unici, di fatto. Qualcosa di molto simile era successo poche settimane prima con la Paramount che si mise a difendere Baywatch. Come se un film del genere lo avessimo chiesto noi spettatori.
Tutto iniziò quando, a marzo, il regista Brett Ratner (Rush Hour, Tower Heist, Hercules) dichiarò senza mezze misure che il problema più grande del cinema di oggi si chiama Rotten Tomatoes. Un canale di critica che, secondo Ratner, rende molto difficile lavorare in questo mondo.
Evidentemente, il regista si riferisce al fatto che il mestiere del critico cinematografico – in passato elitario e destinato a penne di grande valore – è oggi scomparso lasciando la scena ai cosiddetti opinionisti. Persone che, spesso, non hanno una preparazione tecnica sopraffina ma che sono mosse dalla passione per il cinema ed offrono un’informazione ad altri che, come loro, amano sedersi davanti ad un grande schermo, quando hanno il tempo per farlo. Un parere più che un’analisi tecnica. Sicuramente differente, altrettanto sicuramente utile.
E’ difficile trovare le ragioni per giustificare tali affermazioni. Sebbene sia vero che la critica in senso stretto stia purtroppo scomparendo, non è certo denigrando il crescente valore dell’opinione del pubblico che la si riporterà in auge ed, in ogni caso, non possiamo mescolare le pere con le mele.
Ma il punto principale che Ratner e gli Studios ignorano è che la critica e l’opinione sono semplicemente una lente d’ingrandimento delle cose buone e di quelle meno buone di qualsiasi pellicola. Non è la gente che distrugge un film, è la pellicola stessa che determina il proprio futuro.
Associare business e critica, oltre che essere scorretto è semplicemente sbagliato. Non è scritto da nessuna parte che una pellicola scarsamente apprezzata dal pubblico non possa essere un successo al botteghino. La Mummia, per rimanere proprio su quest’ultima polemica, ha incassato quasi 180 milioni di dollari (il flop si è visto nel mercato domestico), Baywatch ha già superato i 100.
E non è nemmeno un problema di preconcetto nei confronti di storie trite e ritrite. Prendiamo il caso di Wonder Woman, rivisitazione cinematografica della vecchia serie TV. Un film che, all’apparenza, sarebbe potuto sembrare l’ennesima sciocchezza fatta per rubare qualche soldo agli spettatori ed invece è una pellicola di buonissima fattura. Ed i numeri la stanno premiando su tutti i fronti: ben 450 milioni di dollari già incassati ed un egregio 92% di critiche favorevoli proprio su Rotten Tomatoes.
Insomma, la qualità, cara Hollywood, la sappiamo riconoscere anche senza avere una doppia laurea in storia del cinema. Speriamo che gli Studios se ne rendano presto conto e, dopo un bel bagno di umiltà, tornino a fare quello che dovrebbero, ovvero mettere in scena Storie con la “S” maiuscola. Scommetto che questo aiuterebbe anche a risolvere il problema dell’estinzione della critica classica.
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