Casa di Bambola, grande successo al Parenti

Al Teatro Franco Parenti è tornata in scena Casa di Bambola, il fortunato spettacolo allestito da Andrée Ruth Shammah nella scorsa stagione e poi portato in giro in tournèe per l’Italia.
Henrik Ibsen scrisse questo testo, di un audace femminismo ante-litteram, nel 1879, mettendo a soqquadro la rigida morale perbenista ottocentesca. La regista Shammah (sua anche la traduzione), ha voluto ribaltare la prospettiva con cui si era soliti guardare e giudicare quest’opera. Scandagliandola più a fondo e illuminandola da un’angolazione diversa prende le distanze da Nora, la protagonista. Non più considerata vittima di una concezione borghese claustrofobica e di un sistema di relazioni al maschile che le hanno impedito di crescere, ma quale vera artefice del suo modo di essere. Una jeune fille gâtée che si compiace scientemente di fare la bambolina tutta vezzi e moine, al fine di confinare il marito in uno stereotipato ruolo di capofamiglia-salvatore. Dopo aver sognato la famosa “cosa meravigliosa”– ossia l’improbabile perdono dal coniuge per l’azione di falsificazione commessa- cambia di pensiero e strategia, decidendo di lasciare la casa e i figli facendo precipitare il marito in una profonda crisi di identità.
Per la regista di Casa di Bambola è breve allora il passo per esplorare la profonda solitudine in cui sono avviluppati i tre personaggi maschili, interpretati tutti in questo caso dal carismatico attore umbro Filippo Timi, che diventa il vero protagonista, rubando la scena a Nora, interpretata da Marina Rocco. Nell’ambientazione ideata da Gian Maurizio Fercioni, elementi di Barbara Petrecca ed appropriati costumi della coppia Zambernardi-Steele, siamo immersi in una zuccherosa ambientazione borghese che nel successivo variare di tonalità raggela la finzione di una tranquillità che si incrina presto, per virare in un’atmosfera più irreale e nevrotica. Così l’interpretazione della protagonista Marina Rocco è efficace finché si tratta di rendere il vano cinguettio e il compulsivo bisogno di far si che tutto giri secondo i desideri e le aspettative di una Nora burattinaia del destino altrui. Il finale avrebbe però avuto bisogno di ben altro affondo: per essere interamente credibile, a quel suo desiderio di indipendenza, non bastano programmi di intenti proclamati senza reale partecipazione e approfondimento, lasciando in superficie la drammatica portata della scelta che sta per compiere.
Di tutt’altra natura la recitazione di Filippo Timi. Il vulcanico attore, che come detto divide la sua magmatica irruenza su tre personaggi distinti, serve inizialmente bene la caratterizzazioni rispettivamente di Torval, un paternalistico e non troppo introspettivo marito, un sarcastico e appassionato Dottor Rank e Krogstad “cattivo” tout-court. Bravo nel fregolismo di passare da un caratterizzazione all’altra in men che non si dica, Filippo Timi (somigliantissimo ora a Groucho Marx), fatica a restare nei solchi del dettato ibseniano e attua troppo spesso la “rottura della quarta parete”, ammiccando al pubblico inserendolo nello spettacolo. Di pregiata fattura la realizzazione che Mariella Valentini fa del ruolo di Kristine Linde, così come bravissimo è Andrea Soffiantini, una cameriera en travestì, che non concedendo niente al caricaturale si esprime con una saggezza antica. Da ricordare il piccolo cameo di Angelica Gavinelli, la figlioletta di Nora, mentre suona l’arpa in scena. Festosissima accoglienza del pubblico allo spettacolo Casa di Bambola, stregato dalla verve incontenibile di Filippo Timi ma non messo in crisi (nelle proprie certezze) dal testo. Ancora in scena fino a domenica 12 marzo.
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