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Cronaca e Attualità
Home›Cronaca e Attualità›Ci vuole coraggio per definirlo razzista!

Ci vuole coraggio per definirlo razzista!

By Massimiliano Bordignon
23 Settembre 2015
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Degli stranieri non si può dire male anzi, non si può proprio dire. Perfino pensare. Ormai siamo allo psicoreato.
Magari nella vita ti sei fatto un mazzo così per tirare su una piccola trattoria in quella che una volta era quasi considerata una zona ‘bene’ di Milano, la zona Venezia.
Ci hai messo dentro fatica, il sudore, le notti insonni, i musi lunghi delle privazioni della famiglia.
Quello che si è fatto il signor Peppino, proprietario del ristorante “Osteria della luna piena”, finito per la seconda volta in due anni al centro dell’attenzione dei media, soprattutto di quelli alla ricerca del titolo ‘a effetto’, per aver appeso all’esterno della sua trattoria un cartello con la scritta “Via Palazzi non è un centro di accoglienza, è una via italiana. No camping Africa, walk”. Una scritta agli stranieri, profughi, clandestini, migranti o più comunemente ‘disperati’, che stazionano tutto il giorno davanti al suo locale. Così affollato fuori, drammaticamente deserto dentro, perché chi può entrare in un posto dove poi, una volta messo piede fuori, devi uscire in armatura per la paura di venire rapinato?
Perché questi profughi non sono uno o due, nemmeno cinque o dieci. Ne arrivano a centinaia, in una via già stravolta dalla commistione etnica degli ultimi anni, dove al posto delle antiche botteghe si sono susseguite le aperture di squallidi tuguri, fra internet point, lavanderie e centri massaggi, locali più simili a quelli di un suq nordafricano che a un quartiere di una città centroeuropea.
I famosi ‘disperati’, ormai centro delle attenzioni di tutto il mondo politico e religioso (perché si sa, val più un abbraccio a un bimbo profugo che al figlio di un ciabattino il cui negozio sia stato chiuso per colpa delle tasse), stazionano da almeno un paio d’anni nella zona Venezia, allignando in particolare fra via Lazzaro Palazzi e la chiesa di San Carlo al Lazzaretto. Dietro agli alberi posti di fronte all’edificio religioso vengono nutriti e sistemati sotto agli occhi di tutti, una sorta di questuante ‘barbonismo’ nei confronti del quale, invece che una ferma condanna, sale il plauso delle istituzioni.
Intanto il marciapiede, quello dove sorge il ristorante del signor Peppino, durante la giornata diventa meta di sbandati d’ogni genere. Hai voglia a chiamare la polizia: come fare a portare via blindato chi addirittura riceve un buffetto sulla guancia da parte di sindaco e assessori? E allora ecco l’ultima opzione: sfruttare i media al contrario. Tanto quelli prevenuti, quelli che cercano il titolo cavalcando l’onda del ‘bieco razzismo dell’oste cattivo’, quelli non cambieranno mai. Ma forse a qualcuno giungerà il messaggio di un uomo disperato, di uno come tanti, i reclusi della zona Venezia, dove una perversa ‘movida’ che punta tutto sull’etnico, dai ristoranti ai bar, dalle puttane ai barboni, impedisce a chi in quelle case ci abita di vivere un’esistenza normale. E’ Milano, ma sembra di stare in Africa. E allora la solidarietà al signor Peppino non solo è dovuta, ma dovrebbe perfino essere testimoniata. All'”Osteria della luna piena”, ottima trattoria pugliese, bisognerebbe andarci a mangiare, gustando orecchiette e Primitivo. Con tanto di segnalazione ai vigili: “Scusate, c’è della gente fuori che disturba”. Giusto per sentire la risposta.

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