Il virus che mise in ginocchio Atlanta

Immaginatevi di andare in ospedale a fare un prelievo del sangue, solo un semplice controllo, nulla di grave. Prendete il vostro numero e vi mettete ad aspettare nella saletta con le altre persone. Una volta fatto l’esame, bevete un caffè della macchinetta automatica per darvi un po’ di energia, ma quando state per uscire dall’edificio vi accorgete che sta accadendo qualcosa di strano. Hanno messo un nastro giallo davanti alla porta, i dottori hanno tutti la mascherina ed i guanti di plastica, all’esterno si vedono dei poliziotti armati mentre, dentro, altre persone come voi si guardano attorno preoccupate. E tutto per colpa di un virus.
È più o meno in questo modo che inizia Containment, la serie TV americana di Warner Bros trasmessa negli Stati Uniti a partire dall’aprile di quest’anno e che giungerà ufficialmente in Italia il prossimo 16 Settembre (su Premium Action).
Containment si ispira a Cordon, una produzione belga (in lingua fiamminga) del 2014 che ebbe un discreto successo nel suo paese oltre che in Inghilterra. In questo “remake” americano l’elemento scatenante è lo stesso: un immigrato clandestino giunge negli Stati Uniti, e più precisamente ad Atlanta, con mezzi di fortuna ed un brutto raffreddore, per poi scoprire che il virus che porta dentro è invece un qualcosa di mortale che si trasmette al contatto con qualsiasi tipo di fluido corporeo.
A fronte della tremenda scoperta l’ospedale viene chiuso e tutti coloro che si trovano al suo interno sono costretti a rimanerci a tempo indeterminato. Non riuscendo a trovare una cura in modo rapido e vista l’aggressività del virus, le autorità decidono ben presto di creare un cordone attorno all’ospedale utilizzando dei container per costruire una sorta di muro di cinta semi improvvisato e sorvegliato dall’esercito.
Naturalmente, il virus non è il protagonista vero e proprio di Containment, sono le persone che si sono ritrovate a vivere in questa sorta di prigione sanitaria ad esserlo.
Come la maestra Katie Frank (Kristen Gutoskie) che proprio nella mattina del “lock-down” porta la sua classe delle elementari a fare visita ad alcuni pazienti anziani per cantare loro delle canzoni e farli sentire meglio, senza immaginare nemmeno lontanamente che poche ore dopo si sarebbe trovata in quarantena con tutti i bambini senza sapere esattamente cosa stia succedendo. Ciliegina sulla torta? Uno dei bambini è suo figlio.
Oppure il poliziotto Jake Riley (Chris Wood), che aveva portato il paziente zero all’ospedale e per questo è uno dei primi ad essere costretto alla quarantena. Ironia della sorte, Jake era stato assegnato per questa missione dal suo amico Lex (David Gyasi), capo della polizia che lavora dall’esterno del cordone e fidanzato con la dottoressa Jana (Christina Marie Moses) che invece si trova dentro all’ospedale ed in precedenza era stata proprio la ragazza di Jake (un pizzico di fattore soap opera non guasta mai).
Manco a dirlo, la situazione andrà sempre peggiorando, la cura per il virus sembrerà impossibile da trovare e molte delle persone rinchiuse perderanno ben presto il lume della ragione dando origine ad una vera e propria guerriglia urbana, trasformando quel piccolo rettangolo nel cuore di Atlanta in un pezzo di mondo che vive di regole proprie dove l’unico obiettivo è trovare un modo per fuggire dal cordone di sicurezza.
Tredici episodi di un’ora ciascuno per una prima stagione che si sa già essere anche l’ultima. Sebbene la trovata del virus non abbia propria nulla di originale, Containment è un prodotto piacevole che mette le giusta dose di adrenalina e di curiosità nei momenti chiave della narrazione. Se stavate cercando qualcosa di accattivante (e tutto sommato abbastanza leggero) per riempire le vostre calde serate estive in attesa di cominciare con le cose più impegnative di settembre, potreste avere trovato una buona opzione. Sempre che non siate ipocondriaci.
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