Coppia uccisa a Pordenone: a sparare una calibro 7.65, lo zio di Teresa vittima della lupara bianca

Ci sono due vite da percorrere in lungo e in largo. Così, senza sosta, continuano le indagini per il delitto della coppia trovata morta nell’auto parcheggiata all’esterno del Palazzetto dello Sport di Pordenone .
Tutte le piste sono plausibili anche se, alla fine, il cerchio intorno al bel militare e alla bella assicuratrice, dovrà stringersi. E pare che tra le piste seguite ci sia quella dell’omicidio passionale. Secondo alcune indiscrezioni pare che Trifone Ragone avesse raccontato ad un amico di uno spasimante di Teresa Costanza.
In base ad una prima ricostruzione, il killer avrebbe aperto la portiera dal lato passeggero, dove si trovava Ragone, puntandogli l’arma alla tempia. Poi l’avrebbe rivolta contro la fidanzata, freddandola da distanza ravvicinata e mandando anche in frantumi il finestrino dell’utilitaria. ma purtroppo nessun testimone e nessuna telecamera possono confermare la sequenza.
Rispetto ai conoscenti, agli amici, e ai familiari della giovane coppia uccisa, maggiori dettagli sulle modalità dell’uccisione, li confida il risultato l’autopsia di una Tac cranica. Dai primi riscontri balistici l’uomo sarebbe stato colpito da tre proiettili – due dei quali erano coperti da sangue rappreso tanto che inizialmente si era pensato ad un solo foro; la compagna invece da due proiettili. Tutti i colpi sono esplosi da una pistola calibro 7.65.
Ma l’arma del delitto, che non è stata ancora trovata, non è l’unica novità certa di questo triste episodio di cronaca nera. Si va a ritroso nel tempo e si scava nelle vite dei giovani scoprendo che Teresa Costanza, era originaria di Favara (Agrigento) e si era trasferita, con la famiglia, a San Donato Milanese nel 2006.
Nel 1995, Antonio Costanza, zio della ragazza – fratello del padre – era sparito da Favara, vittima di «lupara bianca». A chiarire i contorni di quella scomparsa – così come riportato oggi da alcuni giornali – sono stati i collaboratori di giustizia Maurizio e Beniamino Di Gati e Luigi Putrone.
I pentiti raccontarono ai magistrati che Antonio Costanza venne ucciso e poi sepolto con la sua auto in un terreno di Campofranco (Caltanissetta). La «lupara bianca» era stata decisa da Cosa Nostra – stando sempre ai collaboratori di giustizia – dopo la cattura del boss di Santa Elisabetta (Agrigento) Salvatore Fragapane.
Costanza sarebbe stato erroneamente indicato come la spia, come colui che avrebbe indicato agli investigatori il nascondiglio del boss Fragapane. A chiarire i contorni di quel delitto, spiegando come i boss agrigentini del tempo caddero in errore, fu Giovanni Brusca. Il padre di Teresa Costanza, imprenditore edile, non ha mai frequentato gli ambienti mafiosi.
Considerato una persona perbene, grande lavoratore, oltre 10 anni fa, non appena ne ha avuto la possibilità, si è trasferito, assieme alla moglie e ai suoi due figli – fra cui Teresa – nel Milanese.
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