The Crown, che Dio salvi la regina.

Netflix e Peter Morgan ci portano a Buckingham Palace per mostrarci quanto possa essere difficile indossare la corona. The Crown è un’ode alla monarchia inglese ed a tutti gli ostacoli che la regina Elisabetta II ha dovuto affrontare per proteggerla.
Per quanto l’intento sia nobile, l’interrogativo rimane d’obbligo: stiamo parlando di un racconto adatto a diventare una serie TV? Specialmente se, come ha già fatto sapere Netflix, l’obiettivo è quello di realizzare 6 stagioni da 10 episodi ciascuna. Stando a quanto dice lo scrittore inglese Peter Morgan – la cui penna ha già partorito The Queen, film del 2006 dedicato ai giorni burrascosi che seguirono la morte di Lady Diana e che riscosse un buon successo portando all’Oscar l’attrice Helen Mirren – decisamente sì. Stando a quanto visto in questa prima stagione, qualche dubbio rimane.
Il racconto biografico inizia nel 1947, immediatamente dopo le nozze tra Elizabeth Alexandra Mary Winsdor (interpretata da Claire Foy) e Philip Mountbatten (interpretato da Matt Smith) giungendo, dopo queste prime dieci ore di produzione, circa alla fine degli anni cinquanta, quando la ormai regina Elisabetta II si vede costretta a distruggere la storia d’amore tra la sorella Margaret e l’ex-pilota della RAF Peter Townsend a causa del precedente divorzio di lui dalla prima moglie, un dettaglio non trascurabile né accettabile per la chiesa anglicana di cui la regina è, almeno formalmente, la protettrice.
The Crown ci racconta i momenti salienti della vita di corte di quegli anni, a partire dall’incoronazione della regina nel 1953 in seguito alla morte dell’amato padre, Re Giorgio VI (un Jared Harris di indiscusso spessore), l’anno precedente. Notevole la ricostruzione della grande nebbia che colpì Londra i quegli stessi anni causando la morte di dodicimila persone, sebbene l’episodio veda come protagonista Winston Churchill (John Lithgow) più che la famiglia reale stessa, che rimase invece ad osservare le mosse del Primo Ministro durante quella terribile settimana. Churchill, che caratterizzerà fortemente questa prima stagione di The Crown, tornando ad essere protagonista anche negli ultimi due episodi, che raccontano delle sue dimissioni, presentate nel 1955, quando aveva ormai ottant’anni ed una salute piuttosto precaria.
La qualità della serie – certamente curata in ogni suo aspetto – si alza decisamente proprio quando vengono narrati questi eventi storici carichi di significato. E’ invece nei momenti di passaggio che The Crown rallenta fino a diventare quasi soporifera. I tentativi di iniettare adrenalina nel racconto, ad esempio quando il principe Filippo “affronta” un elefante per permettere alla moglie di rifugiarsi su una torre di avvistamento, durante un safari in Sud Africa, risultano piuttosto goffi e fuori contesto, così come l’eccessiva sottolineatura di alcuni aspetti caratteriali e fisici dei personaggi principali. Il Wiston Churchill di Lithgow risulta esageratamente scontroso e decrepito, Matt Smith gioca eccessivamente con la postura gobba del principe Filippo finendo per renderlo poco credibile, mentre la stessa regina riesce a mostrare solo a tratti la sofferenza di dover anteporre il bene della corona a tutto e a tutti.
L’elemento umano, che dovrebbe essere la chiave in una serie che si presenta come il racconto voyeuristico della vita di corte, non riesce sempre ad emergere, ed a farne le spese è come sempre lo spettatore.
Colpiscono invece in maniera più che positiva i costumi e la fotografia, così come la precisione delle ricostruzioni degli avvenimenti storici. Da sottolineare, inoltre, l’interpretazione di Margaret Winsdor fornita da Vanessa Kirby, sempre vivida ed emozionante, tanto da farci pensare che il suo spirito ribelle – ereditato dallo zio Edward che rinunciò alla corona in favore del fratello minore per amore di una donna divorziata – sia lo stesso che scorre, oggi, nelle vene dell’indomabile principe Harry.
Il paragone con Downton Abbey potrebbe risultare piuttosto naturale a molti, ma è importante non dimenticare che nel caso di The Crown stiamo parlando di vita vera, e di persone realmente esistite e non di finzione narrativa. Ed è proprio questa la più grande giustificazione della serie ed allo stesso tempo il suo peccato originale.
Cercare di emozionare lo spettatore narrando la vita della regina d’Inghilterra che, per quanto assolutamente speciale non può essere sempre coinvolgente, è oggettivamente difficile. Possibile se parliamo di una pellicola di durata limitata, The Queen lo ha dimostrato ampiamente, ma probabilmente impossibile se parliamo di una serie TV, dove il tempo a disposizione è di un altro ordine di grandezza ed il successo dipende dall’affetto che s’instaura tra il pubblico ed i personaggi. Un legame, questo, molto difficile da costruire se la vita dei protagonisti, così come i fatti che la caratterizzano, sono già noti alla stragrande maggioranza degli spettatori.
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