E se parlassimo in italiano?

Forse la chiave sta tutta nei punti di vista. L’argomento principe di oggi pare essere l’incapacità di vari personaggi italiani, dal politico Scilipoti alla conduttrice Cuccarini, di pronunciare correttamente “stepchild adoption”; commenti da più parti stranamente unanimi: che pena.
In realtà credo che la pena stia nel fatto che nessuno mostri stupore per l’utilizzo sconsiderato di termini anglosassoni nella quotidianità, come se l’italiano fosse diventato una lingua monca, o come se le espressioni in lingua inglese fossero più facilmente comprensibili. Il vero stupore, secondo me, sta nel fatto che un gruppo di persone abbia organizzato e partecipato ad un incontro chiamato “Family Day”, forse per solidarietà nei confronti di famiglie anglosassoni. Non si spiega in altro modo, visto che “Giorno della (o per la) famiglia” avrebbe reso altrettanto chiaramente l’intento e sarebbe stato più facilmente pronunciato da chiunque. Lo stesso dicasi per il famigerato “stepchild adoption”, ma anche per il “jobs act”, il “no tax day” e via di questo passo. Su google è più ricercato il significato del termine che non la spiegazione del concetto, o della legge; non è questo che fa davvero molta pena?
Sembra un tuffo nel passato che stentiamo a riconoscere, quando bruciavamo le streghe perché terrorizzavano in quanto “diverse”, ma per condannarle usavamo termini latini che solo pochi potevano comprendere. Mi chiedo se il popolo, affamato allora come oggi, si soffermasse a deridere la pronuncia errata del latino (che almeno era la lingua da cui nasce l’italiano) o si preoccupasse di procurarsi pranzo e cena e di difendere con le unghie dei diritti sacrosanti, come probabilmente dovremmo fare oggi.
Sembra quindi che la storia insegni ben poco, almeno a noi. Perché la politica invece sembra aver imparato bene: basta tenere le persone nell’ignoranza per proteggere privilegi e ricchezze ed agire indisturbati. Che ne dite, smettiamo di postare idiozie su facebook e andiamo a rispolverare i libri di storia? (o di italiano, che non fa mai male)
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