His Dark Materials, l’inspiegabile successo di una orribile serie

Osservando l’ennesima, noiosissima puntata della prima serie di “His Dark Materials” (tradotto in italiano, “Queste oscure materie”) mi sono chiesto come sia stato possibile che questo terrificante polpettone senza né capo né coda abbia potuto riscuotere tanto successo, così da meritare una seconda, e pure una terza stagione. Evidentemente a parecchia gente piace farsi male, oppure il qi della media degli umanoidi è pericolosamente sceso in picchiata.
Attacchi privi di scrupoli alla Chiesa
La cosa che più preoccupa è che la serie tratta dalla trilogia di romanzi di Philip Pullman sia dedicata a un pubblico molto giovane e influenzabile, ed emani una serie di messaggi confusi e contorti, oltre che banali, sommari e privi di una reale spiegazione. Prima di tutto un violento quanto inspiegabile attacco alla Chiesa cattolica. Di questi tempi sparare sulla chiesa di Roma è lo sport preferito sul teleschermo. Provati i peccati di cui si sono resi protagonisti vescovi e preti nel lontano ma anche nel recente passato, si è dimenticato quanto sia invece importante, soprattutto per i più giovani, questa istituzione, e si è pensato bene di metterla alla berlina. In “His Dark materials” non si spiega nulla, non ci sono antefatti, si sa solo che una istituzione religiosa (il Magisterium) comanda tutto come in una sorta di dittatura nazista, è squallida, avida, composta da persone dedite ai peggiori peccati, tutte rigorosamente in abito talare. E, cosa da non sottovalutare, ‘rubano’ i bambini. E li rubano, guarda caso, a un fantomatico popolo, quello dei ‘gyziani’, che in tutto e per tutto ricorda quello degli zingari (gitani), che dalla mitologia popolare è invece accusato di rubarli lui, i bambini, e che nella vita reale si trova certamente alle prese con non poche problematiche di carattere criminoso.
Insomma, la prima stagione di “His Dark Materials” non spiega nulla, dà tutto per scontato, fornisce solo una piatta sceneggiatura che non obbliga lo spettatore ad alcun pensiero, ma solo ad accettare come dati di fatto tutto ciò che gli venga proposto.
Pullman, un ‘ultrà’ dell’antirazzismo
Le uniche cose veramente degne di nota sono i costumi, la fotografia e la capacità di ‘atemporarizzare’ la trama (il che rende il tutto molto più affascinante, mischiando immagini d’antan ad altre modernissime, un po’ come in telefilm del calibro di “Gotham”), con scene che paiono mescolare sapientemente un film western ai documentari di “Discovery Channel”, un’investimento in danaro tanto imponente da far paragonare questa brodaglia per ingenuotti all’epico “Trono di spade”. Imponente il cast, dalla giovanissima protagonista Dafne Keen a James McAvoy e Ruth Wilson. Il regista del primo episodio è il premio Oscar Tom Hooper (“Il discorso del re”), mentre lo sceneggiatore è Jack Thorne, braccio destro di J.K. Rowling nell’adattamento teatrale di “Harry Potter and the Cursed Child”.
Lo stesso Pullman, del resto, non ha mai nascosto le sue aperte critiche al cristianesimo, sia esso quello cattolico che quello calvinista della sua Gran Bretagna (è nato nel 1946 a Norwich), arrivando ad accusare di razzismo e misoginia “Le cronache di Narnia” (serie di romanzi e film ‘fantasy’ di grande ispirazione per i giovani), così come non ha risparmiato critiche ai romanzi di J.R.R. Tolkien.
Pullman è insomma uno scrittore perfetto per piacere ai fautori della globalizzazione, ai santificatori del popolo rom e agli odiatori della Chiesa. Le serie tratte dai suoi libri lo saranno altrettanto, meno da chi cerchi qualità, coerenza e onestà intellettuale in un programma televisivo.
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