Il “memoriale” di Alexander Boettacher

Come riportato da Ansa: la bocconiana Martina Levato “a mia insaputa forse aveva già iniziato a purificarsi” a metà del 2014 e “io l’avevo lasciata nel luglio” di quell’anno. Con queste parole, scritte in una memoria depositata ai giudici del processo ‘bis’ sulle aggressioni con l’acido, il broker Alexander Boettcher è tornato, come aveva fatto anche in un memoriale nel primo processo, a scaricare la responsabilità dei ‘blitz’ sulla sua amante e sul presunto complice Andrea Magnani.
Nella memoria di sei pagine, depositata al collegio dell’undicesima sezione penale (presieduto da Elena Bernante) davanti al quale è imputato per associazione per delinquere e altri reati, Boettcher scrive che “evidentemente fa comodo che sia già stato individuato un ricco colpevole“, ossia lui stesso, e si lamenta del fatto che il bancario Magnani, prima di essere arrestato, sia stato “incredibilmente lasciato in libertà per via delle sviste della Polizia“. Ed elenca, poi, una serie di errori, a suo dire, nelle indagini e di accertamenti e testimonianze che per la sua difesa sarebbero necessari. Nel primo processo per l’aggressione a Pietro Barbini, finito con la condanna del broker e dell’amante a 14 anni, Boettcher, che è difeso dal legale Alessandra Silvestri, aveva spiegato, sempre con un memoriale, che nel settembre 2014 Martina gli avrebbe proposto un patto di questo tipo: “Mi faccio mettere in galera 10 anni, poi sarò un’altra persona e ripartiremo da capo, però vorrei un figlio Alex, quello sì“. E in questo nuovo manoscritto ora lascia intendere che la ragazza, quando nel maggio dello stesso anno avrebbe tentato di evirare un altro studente, “a mia insaputa forse aveva già iniziato a purificarsi“, ossia ad aggredire i giovani con cui aveva avuto una relazione in passato.
Alex: ‘Confido nella terzietà dei giudici’
Con una nuova memoria, dopo quella depositata nel primo processo, Alexander Boettcher, imputato in un dibattimento ‘bis’ per una serie di aggressioni con l’acido, ha spiegato di confidare nella terzietà dei giudici del secondo procedimento. E’ emerso nell’udienza davanti all’undicesima sezione penale che ha ammesso alcune prove richieste dalle parti tra cui la perizia psichiatrica depositata nel primo processo che aveva accertato la piena capacità di intendere e di volere del broker.
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