“IO STO CON LA SPOSA” e tu?

Domenica 29 marzo alle ore 18 al PIMOFF di Via Selvanesco 75, a Milano, un appuntamento molto importante (e per altro ad ingresso gratuito).
IO STO CON LA SPOSA (Soggetto, sceneggiatura e regia: Antonio Augugliaro, Gabriele Del Grande, Khaled Soliman Al Nassairy)
Un film che è qualcosa di più, è molto di più: è già diventato un caso, un documentario record di incassi.
Un film che a 6 mesi dall’uscita al cinema resiste e cresce.
Una denuncia alla società, un inno alla speranza.
Presentato con successo alla 71esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia nella sezione “Orizzonti – Fuori concorso”.
“Un poeta palestinese siriano e un giornalista italiano incontrano a Milano cinque palestinesi e siriani sbarcati a Lampedusa in fuga dalla guerra, e decidono di aiutarli a proseguire il loro viaggio clandestino verso la Svezia. Per evitare di essere arrestati come contrabbandieri però, decidono di mettere in scena un finto matrimonio coinvolgendo un’amica palestinese che si travestirà da sposa, e una decina di amici italiani e siriani che si travestiranno da invitati.
All’alba del 14 novembre 2013, davanti alla stazione centrale di Milano si forma un capannello di ventitré persone tra italiani, palestinesi e siriani. Sono tutti vestiti eleganti come se stessero davvero andando a un matrimonio. Ragazzi e ragazze delle due rive del Mediterraneo, pronti a rischiare tutto, insieme, per dimostrare che questo può essere ancora il mare che ci unisce“.
Una storia che ha dell’incredibile, fatta di sogni e speranze, ma anche di realtà spesso cruda e buia.
Solo quattro giorni.
Le storie dei singoli personaggi, persone vere e dei loro affetti. Un elenco di persone che purtroppo rimarranno solamente nomi nei cuori di chi non li dimenticherà. I loro corpi persi in mare.
Storie di famiglie spezzate nella speranza di ricongiungersi in un contorno migliore.
E’ anche la voce del piccolo MC Manar che attraverso le sue canzoni ha il potere di trasmettere tanto.
L’unico modo per capirlo realmente è vederlo, nessuna parola potrà mai descrivere gli sguardi dei protagonisti di questa ‘favola’ così tristemente attuale.
Gabriele Del Grande è uno dei creatori ed ha reso possibile questo viaggio. Nel 2006 fonda l’osservatorio e il blog, ad esso collegato, Fortress Europe (in cui raccoglie e cataloga tutti gli eventi riguardanti le morti e i naufragi dei migranti africani nel Mediterraneo nel tentativo di raggiungere l’Europa). Il blog elenca tutti i singoli eventi di morti o naufragi censiti dai mezzi di informazione in Europa e nel Maghreb a partire dal 1988. Questa può essere definita la principale attività di monitoraggio del fenomeno realizzata su scala europea.
Come è nata l’idea di creare un blog come quello di Fortress Europe?
All’inizio in realtà era solamente un articolo. Il blog è online dal gennaio 2006 e nel giugno del 2005 avevo scritto per l’appunto questo articolo da cui è partito tutto. Era semplicemente una stima di quanti potevano essere i morti per i naufragi in Sicilia. Poi continuai a fare queste ricerche e pian piano il data base di informazioni diventava sempre più consistente. Quindi tutto è partito semplicemente da un articolo condiviso online su un blog, una cosa piccolissima, senza nessuna ambizione, senza nessun progetto dietro e senza sapere a cosa avrebbe portato. Si trattava solamente dell’urgenza di condividere quella notizia sulla rete nel modo più veloce, più facile e più economico che si conosceva. Poi è diventato proprio un filone di ricerca, un filone d’inchiesta su questi temi: oltre i numeri iniziavo a mettere i primi reportage, le prime inchieste e così nell’ottobre del 2006 mi licenzia dall’agenzia per cui lavoravo e iniziai a viaggiare. Il sito iniziò ad alimentarsi con i racconti che riuscivo a raccogliere, i racconti di quello che avveniva al di là dal mare. Ha iniziato a crescere con le traduzioni, tante lingue, ed è diventato un riferimento in quell’ambito: giornalismo d’inchiesta focalizzato sul tema immigrazione e ‘sbarchi’.
Parlando dei feedback ottenuti dal blog, si è notata una sensibilizzazione da parte di lettori e mass media?
A livello generale sembra un po’ cambiato negli anni il linguaggio con cui vengono trattati questi temi, non credo per merito del blog, ma penso semplicemente che la società sia un po’ maturata su questi argomenti. Vediamo una consapevolezza che piano piano cresce, dalla Carta di Roma ad una serie di iniziative fatte. Da qualche anno il tema principale era la crisi economica, si sono un po’ dimenticati degli sbarchi e dell’urgenza, si era un po’ spento l’allarme, sebbene arrivasse molta più gente. Rispetto al blog sicuramente i numeri, le statistiche presenti sul blog sono diventate un dato acquisito, attendibile, preso in considerazione da tutta la stampa e i giornalisti. Sui dati è sicuramente un punto di riferimento. Sul racconto un po’ meno, alcune inchieste hanno comunque fatto rumore. Il lavoro più grosso a cui si puntava, ma che non è mai riuscito veramente e che stiamo cercando di fare con il film “Io sto con la sposa”, è proprio quello di rovesciare l’estetica della frontiera: raccontare gli sbarchi non come l’emergenza umanitaria del momento, ma come un fenomeno storico di una generazione che si riprende il diritto alla mobilità, una disobbedienza collettiva, da leggere con l’ottica della libera circolazione. Viaggiare è un diritto dell’essere umano e nel momento in cui tu lo vieti qualcuno se lo riprende, il problema non è fermarli, ma farli viaggiare su mezzi canonici, visto anche il problema sempre crescente del contrabbando.
Parlando della tua personale opinione, come pensi possa essere risolto o quanto meno affrontato il problema immigrazione e sbarchi?
Partiamo innanzitutto dal presupposto che immigrazione e sbarchi non sono la stessa cosa. Bisogna puntualizzarlo, in quanto troppo spesso si confondono le due cose. Si pensa che gli sbarchi siano il problema dell’immigrazione, quindi se controlliamo gli sbarchi controlliamo l’immigrazione; ma in realtà l’effetto degli sbarchi sulla popolazione immigrata in Italia è trascurabile, l’Italia è ormai semplicemente un corridoio d’ingresso per raggiungere posti in cui si possa trovare ancora lavoro. L’immigrazione arriva da altre parti, ma non si capisce il perché di questa fissazione sugli sbarchi, sembra quasi che da lì dipende il futuro dell’insediamento nel nostro paese, non è così. Gli sbarchi sono la conseguenza delle politiche migratorie, non sono la causa. Sono state fatte, da vent’anni a questa parte, delle politiche, talmente restrittive in alcuni paesi sulla possibilità di avere dei visti, che in quei paesi lì, per l’appunto, si viaggia di contrabbando: ovvero con le rotte per Lampedusa, la Sicilia, la Sardegna, la Grecia, la Spagna. Il problema sono le politiche e gli sbarchi la conseguenza. L’Europa potrebbe fare, forse, quello che ha fatto con i paesi dell’est. Ormai l’immigrazione in Italia, per la maggior parte è a libera circolazione, ci sono paesi in cui non c’è più il visto e lì le cose stanno funzionando. Forse, visto che nei paesi arabi, africani, ecc., la risposta militare non funzione, sono vent’anni che ci provano e continua comunque a morire gente in mare, dovrebbero sperimentare modi nuovi, investire sulla mobilità, semplificare le regole: ciò vuol dire che, per esempio, se tu vai a lavorare ti do un visto per ricerca lavoro, poi a quel punto fai rispettare le regole, se il visto scade ti rimando a casa, però in tanto questo visto ti viene dato. In ogni caso coloro che decidono di andarsene dal loro paese sono numeri piccoli, assolutamente irrisori se visti nell’ambito di una visione dell’intera Europa.
Parlando proprio di “Io sto con la sposa”: reputa ‘legittimo’ infrangere una legge per qualcosa che, se pur moralmente giusto, è considerato illegale?
In caso di una denuncia il rischio è fino a 15 anni di carcere per me e per gli altri registi, è vero, abbiamo violato una legge, però è anche vero che esiste una legalità, ma il diritto non è neutro. Le leggi sono scritte dagli uomini. Abbiamo cercato di fare un’operazione morale per cercare di abbattere le barriere. Sono stati mobilitati 5 di quei 48 mila che sono transitati nella stazione e li abbiamo portati noi in Svezia invece che lasciarli in mano ai contrabbandieri. Milano è la capitale del contrabbando. Li abbiamo portati con una grande festa, una festa liberatoria, una festa di matrimonio con 23 amici, perché la logica era di renderci più visibili possibile. Un atto illegale per costringere l’opinione pubblica e la politica a scegliere da che parte stare, la nostra idea è anche un po’ nel titolo “Io sto con la sposa”. Queste leggi vanno cambiate, non ci sono solo gli scafisti cattivi o la burrasca che provocano queste stragi in mare, ci sono leggi sulla mobilità: in parte sono leggi europee, in parte sono leggi nazionali, che producono disastri. Le leggi si possono cambiare, viaggiare non è un crimine. Il film sta diventando un movimento d’opinione forte e contiamo anche molto in questo come nostra protezione: se ci dovesse essere il processo abbiamo gli avvocati pronti e speriamo che, più che un processo a noi diventi il processo ad un’idea ad un immaginario, anche ad una menzogna.
“Io sto con la sposa” è un gesto. “Io sto con la sposa” è una denuncia. “Io sto con la sposa” è una speranza.
“Io sto con la sposa”.
Lucrezia Lessio
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