La dolce vita dei quartieri

L’altro giorno siamo uscite a fare il giretto e abbiamo incontrato una signora che – abbiamo scoperto dopo poco – abita nel nostro palazzo. Ha guardato la mamma e le ha chiesto “stai meglio?” L’abbiamo guardata con la faccia da punto interrogativo: come faceva a sapere che aveva avuto l’influenza?
Siamo uscite dal portone e abbiamo incontrato la ragazza della scuola guida che ci ha fatto la stessa domanda, e poi il tabaccaio e poi il cassiere del supermercato sotto casa. Insomma, sembrava che la zona intera sapesse dell’influenza della mamma. Ho cercato di capire meglio, ed è stata la conversazione con la nostra amica tintora che mi ha illuminato: le zone di Milano, in fondo, sono piccoli paesi dove tutti sanno tutto. A prima vista potrebbe sembrare fastidioso, in realtà credo che sia una delle cose più belle di questa città. In un quartiere come quello dove siamo venute ad abitare non ti senti mai solo, diventi parte di una comunità. L’importanza di questa cosa è diventata chiara quando le signore con cui chiacchierava la mamma raccontavano di un anziano che era venuto a mancare, ma era stato trovato solo in casa qualche giorno dopo. Il commento è stato “i figli pensavano di fare una cosa carina regalandogli l’abbonamento al giornale a domicilio, ma se lo avessero evitato l’edicolante si sarebbe accorto subito che qualcosa non andava. Prima del regalo dei figli andava tutte le mattine a comprare il giornale alla stessa ora”. Ecco perché tutti sapevano dell’influenza, ed ecco perché i quartieri di Milano e i loro negozianti sono importantissimi. Io e la mamma usciamo tutti i giorni a fare i nostri giretti. Quando scendiamo salutiamo i negozianti, andiamo a fare un po’ di spesa, compriamo le sigarette, salutiamo dalla vetrina Jole o Dome del centro estetico, il sarto di fronte a casa, il custode del nostro palazzo, la signora della boutique, la ragazza con il pancione della scuola guida, il buffo signore della merceria. Non ci siamo mai rese conto che un semplice saluto facesse sì che si accorgessero della nostra presenza e dei nostri orari, e facesse notare la nostra assenza.
La cosa ancora più bella è stata che, oltre ad interessarsi della salute della mamma, ci hanno dato tutti – o quasi – il loro numero di telefono, così potranno farci la spesa, portarmi a fare un giretto o comprare il necessario quando la mamma non sta bene. E’ stato sorprendente, davvero bello vedere che le persone sono così disponibili e attente agli altri. Non sono tutti così, è vero, ma sono davvero in tanti, e per scoprirlo ci è bastato sorridere a tutti e salutare le persone.
Quindi, non vorrei fare la westin contraria, ma secondo me è meglio scegliere zone con i negozi al posto dei supermercati; di andare a comprare il giornale in edicola invece di abbonarsi; di esplorare la zona dove si abita e chiacchierare con i negozianti. Certo, farsi portare tutto a domicilio è molto più pratico e fa risparmiare un sacco di tempo; ma cosa ve ne fate di tutto quel tempo se poi non avete nessuno con cui chiacchierare? Che vita pensate di fare, lavorate e correte tutto l’anno, poi scappate due settimane al mare ad agosto per poi rientrare in una città che descrivete come fredda e disumana solo perché non dedicate del tempo ai rapporti umani, fino alle “ferie” (che secondo me dovrebbero essere chiamate vacanze, ma fate voi) dell’anno successivo. Vi sembra sano? Lo so che questo pezzo avrei dovuto scriverlo a luglio, ma visto che le amiche della mamma stanno iniziando a pensare a dieta e palestra in vista della tanto temuta “prova costume”, perché non iniziate a pensare anche alla qualità della vita, prima che a quella del vostro lato B?
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