Le persone sono come sono, non dannatevi l’anima

Io sono un cane. Lo so che per voi dirò una banalità, mi conoscete. Ma la realtà è proprio questa: io sono un cane come tanti altri. Quello che mi fa sembrare speciale è il modo in cui la mamma mi vede e racconta quello che secondo lei penso o “dico”. Perché il fatto di essere speciali non è un dato oggettivo, quello che rende speciale ogni cosa e ognuno di noi è lo sguardo di chi osserva. Pensateci, sembra una frase scontata, ma non lo è. Nemmeno un po’. Me ne sono resa conto oggi, quando cercavo di aprire una finestra semi aperta e la mamma ha iniziato un tifo da stadio. Dopo 5 minuti di tentativi ci sono riuscita, e lei ha applaudito e gioito come se avessi appena scoperto la formula segreta per tramutare l’acqua in champagne e l’erbaccia del terrazzo in cioccolato fondente. Ad un occhio esperto questo potrebbe significare che sono un cane un po’ pigro, visto che a sentire gli altri bipedi i loro amici quattrozampe le porte le aprono con facilità. Anzi, a sentire i racconti di qualcuno le aprono, le richiudono e se qualcuno dorme stanno anche attenti a non far rumore. Io no, mi pianto davanti alla finestra o alla porta e gratto; se la mamma non mi sente magari abbaio anche. Mi pare ovvio che una volta che arrivo ad aprire una porta da sola in casa si festeggi l’evento, no? Questo sciocco aneddoto mi ha fatto venire in mente una conversazione tra la mamma e una sua amica che si lamentava dell’atteggiamento poco attento di una conoscente. La mamma l’ha ascoltata un po’ e poi le ha detto ‘ma perché ti stupisci? Non è in grado di fare nulla di diverso, non è abbastanza intelligente, colta, educata. Questo è il massimo rispetto che possa dimostrare’. La sua amica ha riso, ma la mamma era molto seria.
Ho riflettuto sul fatto che è un po’ come pretendere che Enrico VIII, la tartaruga di casa, aspetti la mamma al rientro, si metta davanti alla porta di casa a fare le feste o avverta se sente suonare il campanello. Non lo fa, non può farlo. E’ una tartaruga, non un cane. Ecco, credo che questo sia un buon modo di pensare alle persone. Bisogna capire cosa ci si può aspettare da ognuno e non pretendere nulla di più. Apprezzare il massimo degli sforzi che fanno, e non rimanerci male se non si comportano come si vorrebbe, o come si suppone dovrebbero fare. Non tutti hanno l’educazione o la capacità di capire cosa possa ferire, come ci si debba comportare in una società civile, cosa sia meglio per gli altri ma sopratutto per se stessi e la propria dignità. Perché prendersela? Si può apprezzare quello che hanno di buono o decidere di non frequentarle più. Ogni altra azione, considerazione, riflessione è una perdita di tempo. Che identificherà la vostra personalità, non la loro.
PS: Al posto di “personalità” io avevo scritto “stupidità”. La mamma l’ha cambiato.
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