L’ISIS può contare sull’omertà dei nuovi italiani?

La mia forse è una provocazione, un’idea stramba, ma comincio a credere che possa avere una logica.
Dopo quanto successo a Parigi, su giornali, siti e tv è tutta una discussione su integrazione sì ed integrazione no, su guerra sì e guerra no.
Si toglie la polvere dagli scritti di Oriana Fallaci, che di solito viene fatta riposare in pace, ma che in queste situazioni viene fatta resuscitare ogni tre per due.
Ma soprattutto si invitano esponenti delle comunità islamiche in Italia, si intervistano imam pressochè incapaci di spiccicare una parola in italiano, e si intercettano musulmani qualunque fuori delle moschee per sentire quello che hanno da dire.
Si imbastiscono discussioni interminabili quando uno di loro apertamente difende l’ISIS e i mentecatti che la compongono.
Ci si scandalizza offesi a morte, ma più per convenienza che per interesse, quando i supposti moderati non riescono a dire apertamente, ed in modo inequivocabile che “questi omicidi sono una vergogna, e che i terroristi islamici non sono veri islamici”. Peggio ancora, che si “solidarizza in modo chiaro con le vittime, ingiustamente uccise”.
Ecco, io credo, voglio credere, che questa mancanza di solidarietà non stia nell’intima convinzione che quei parigini (e non solo) che venerdì notte sono morti intanto che portavano a spasso il cane, mentre tacchinavano una ragazza, mentre provavano a godersi un concerto meritavano la fine che hanno fatto.
Sono molto più propenso a credere che questo manipolo di esaltati, per quanto esiguo, sia in realtà forte, fortissimo, specie nelle comunità islamiche, e che i loro rappresentanti, pur non condividendo, non riescano a dire davanti ad una telecamera, lo schifo che anche loro, forse soprattutto loro, provano.
Perchè poi è un attimo, in una comunità chiusa, essere riconosciuti, pescati, aspettati, minacciati, o peggio.
Noi italiani dovremmo essere abituati a questo.
Si chiama omertà. Fino a qualche decennio fa la si praticava con abbondanza in Sicilia, in Calabria, in Campania, nei regni della nostra criminalità organizzata.
Poi, visto che non essendo capaci di debellarla, i nostri politici hanno preferito esportarla in tutto lo Stivale, oggi è pratica diffusa in qualunque comune del Paese.
Non è certamente una virtù. Ma se ai tempi di Don Abbondio erano più i vasi di ferro che quelli di terracotta, non possiamo nasconderci il fatto che oggi le proporzioni si sono invertite ed in modo verticale.
D’altra parte, il povero Don Abbondio che rischiava dai bravi di Don Rodrigo? Un osso spezzato? Una sonora gragnola di colpi? Forse pure una truce morte?
Noi abbiamo imparato che molto spesso, chi si espone nel tempo attuale rischia ben peggio. Rischia di vedere i propri genitori, i propri figli, i propri fratelli cadere sotto i colpi delle odiose vendette.
Siamo un popolo che ha imparato il dono del silenzio, anche quando è detestabile. Perché scandalizzarsi di fronte a quello altrui?
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