Marco Dellamotta: superare la crisi mettendosi in discussione

Ho scritto a lungo di storie di persone che avevano seguito una passione e ne avevano fatto un professione soffermandomi sempre sul momento di difficoltà che avevano provato, sul punto di rottura che li aveva portati a chiudere con la vecchia vita per seguire quello che era ancora un sogno, rischiando tutto e abbandonando ogni forma di sicurezza; non avevo, però, ancora riflettuto sul fatto che c’è chi non ha dovuto abbandonare tutto per il proprio sogno, ma metterci tutto se stesso perché riuscisse a sopravvivere alla tempesta.
Me ne sono accorta quando ho incontrato Marco Dellamotta, imprenditore, che nel 1995 ha aperto la sua azienda ed è andato avanti tranquillo, tra i “soliti” alti e bassi che un imprenditore italiano deve affrontare nel suo percorso. Fino a quando ha incontrato qualcosa che di “solito” non aveva nulla: la crisi economica mondiale che nel 2008 ha scosso i mercati travolgendo tutti noi, o quasi, e lasciando – a quasi 10 anni di distanza – un segno indissolubile nel mercato del lavoro.
Ma facciamo un passo indietro. Marco Dellamotta nel 1995 apre ITS con due soci. Iniziano a lavorare nella telefonia, poi introducono la divisione cablaggi, switch, videoconferenza e crescono nel settore dell’IT. La sua carriera, in realtà, inizia 10 anni prima: vende telefax per Canon (ve li ricordate i buoni, cari, vecchi fax?), poi fa l’operaio, l’agente immobiliare, il venditore, Studia la sera, fino a quando arriva l’occasione per fare il salto e diventare imprenditore. Prende al volo l’opportunità, come abbiamo visto, e apre ITS. Dopo qualche anno gli obiettivi dei tre soci si rivelano diversi, e Dellamotta decide di proseguire da solo. L’azienda continua a crescere e i clienti fidelizzati aumentano; fino al 2013. A quel punto la crisi, che ha già cominciato a minare il futuro di migliaia di aziende e imprenditori, comincia a sentirsi anche in ITS. Ed è in questo periodo che comincio a sentir parlare di Marco Dellamotta. Perché, per un caso, vado a pranzo con una ragazza che in quest’azienda lavora da anni e comincia a parlarmi del suo capo, di come stia reagendo con forza alla crisi, di come abbia deciso di spendere un “tesoretto” che aveva provvidenzialmente messo da parte per i tempi bui con lo scopo di non penalizzare o licenziare nessuno e di come nei momenti più duri abbia deciso di sospendere il suo stipendio ma non il bonus dei lavoratori.
Capisco che devo intervistarlo, ho troppe domande da fargli.
E così incontro Marco Dellamotta nel suo ufficio. È il 2016, la crisi inizia a rallentare la morsa. Mi accoglie con il sorriso e i modi gentili e amichevoli. Inizia a raccontarmi della società, dei suoi collaboratori, dei suoi clienti. Farò molta fatica a farlo parlare di lui, del suo percorso, delle sue scelte; dovrò più di una volta leggere tra le righe dei racconti e fare domande dirette, per capire cosa lo abbia spinto a non gettare la spugna e uscire dalla tempesta insieme alla sua squadra.
Marco è un imprenditore anomalo. Non crede al mercato, ma alle persone. E questa è la chiave di lettura di tutta la sua storia. Mi spiega che “la crisi diventa un soffice materasso su cui sdraiarsi”, ma che i momenti duri si superano in un solo modo: mettendosi in discussione.
“Quando ho visto che le cose andavano male – mi racconta – ho pensato di chiudere. Mi sono chiesto se fossi in grado di superare il momento, se il problema fosse davvero la crisi o se fossi io. Mi sono chiesto a lungo se avessi ancora l’entusiasmo e l’energia necessari per far funzionare l’azienda. Quando ho capito che il mio posto era ancora qui ho ingranato la marcia e sono andato dritto per la mia strada”
Bello, ma concretamente cosa hai fatto per superare quegli anni?
“Ho ricominciato a lavorare con una disciplina ferrea. La mattina ho iniziato a svegliarmi prima, arrivavo in ufficio prima dei miei collaboratori e uscivo dopo tutti loro. Ho lavorato come se fosse il mio primo giorno, ogni giorno, e ho ricominciato a studiare e a offrire formazione ai miei collaboratori. Se fossimo riusciti a crescere e ad evolverci avremmo superato la sfida, ne ero certo. Poi ho creato un’offerta per i clienti basata sul valore e non sul prezzo. Le aziende, oggi più che mai, si aspettano la miglior soluzione al miglior prezzo. È tutto sommato corretto, ma se non ci aggiungi il valore unico che puoi offrire non sei in grado di creare una base di clienti fidelizzata. E non ho mai smesso di valorizzare i miei dipendenti, dal primo all’ultimo. Le persone senza una valorizzazione e una formazione costante non possono dare il meglio di sé, e una squadra scontenta non porta mai alla vittoria.”
Devi ammettere che creare un “tesoretto” per i momenti difficili sia stato un colpo di genio.
“Non la vedo una cosa geniale. Credo che ogni imprenditore debba creare una rete per ogni evenienza. Io ho iniziato subito, così quando ne ho avuto bisogno ho potuto attingere dal fondo aziendale per non far mancare ai miei collaboratori quanto meritavano e ho potuto privarmi per un paio d’anni dello stipendio per non gravare ulteriormente sull’azienda. Sai secondo me qual è il vero segreto?”
Se me lo dici lo racconto a tutti, però
“Devi. Il segreto è affrontare ogni problema con una dose di leggerezza, o superficialità.”
Ecco. Come in un sogno…
“Esatto, bisogna fidarsi dei propri sogni, perché si avverano. “
Come ti vedi tra 5 anni?
“In ITS, ancora, ma non 12 mesi all’anno. Voglio andare un in giro per il mondo in barca a vela per una parte dell’anno”
E chi guiderà l’azienda mentre sarai in barca a vela?
“I miei collaboratori. Bisogna fidarsi delle persone, se crei una grande squadra puoi avere grandi soddisfazioni”
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