Milan, quelli che tifarono il Piccolo Diavolo in B

Il Piccolo Diavolo vi porta a cena. E’ stato questo il titolo della serata, dal sapore alternativo, che ha portato un gruppo di tifosi ‘storici’ del Milan, poco più di una ventina, a incontrarsi per celebrare a modo loro i trent’anni di presidenza rossonera di Silvio Berlusconi.
Già, perché mentre a Casa Milan, nell’imponente scenario voluto dal ‘presidentissimo’ di Arcore, andavano in scena coppe e lustrini, ovvero il meglio dei trionfi milanisti di questi anni, in una trattoria del centro di Milano si ripercorrevano le tappe più amare dell’inferno del Diavolo. La Serie B e la Mitropa Cup, gli 0-0 chiusi nella nebbia di San Siro ancora a due anelli ed Egidio Calloni che non ne imbroccava una ma che importa, l’amore per Joe Jordan, lo ‘squalo’ che a Milano azzannò poco, o quasi nulla, e i ‘fortunati’ che assistettero alla clamorosa sconfitta casalinga con la Cavese.
Perché tanto più dolce è la risalita e il successo quanto più amara è stata la caduta e la sofferenza.
Il vero milanismo probabilmente abitava più qui che a Casa Milan, l’altra sera. Un incontro frutto di un’idea di un giornalista siciliano, Sergio Taccone, che su Facebook ha lanciato da qualche tempo il gruppo “Quando il Milan era un Piccolo Diavolo”. Perché, specifica nella presentazione, “piccolo o grande che sia, il diavolo rossonero si ama sempre”.
E così, fra un risotto giallo e una cotoletta, fra un piatto di salumi e un Bonarda d’annata, il gruppo (a cui è iscritto più di un giocatore del Milan di quegli anni) ha brindato a quelle mitiche stagioni in cui i posti del secondo anello si chiamavano ancora ‘popolari’ e dalla transenna sventolava la bandiera con la Rosa dei Venti, quando Fossa dei Leoni e Brigate Rossonere costituivano in coppia una delle curve più coinvolgenti d’Europa.
Il tutto scambiandosi vere e proprie chicche da collezonisti, antichissimi numeri di “Forza Milan” (la rivista ufficiale della squadra), tessere di abbonamento degli anni ’70 e sciarpe scolorite a testimonianza di tanta passione portata negli stadi di tutta Italia, isole comprese, ma anche in tutto il Continente.
Perché se il Milan è arrivato a celebrare il trentennale di Berlusconi, e dei suoi successi, il merito non è solo del Cavaliere, ma anche di quelle migliaia di tifosi che hanno mantenuto vivo il Diavolo, con la ‘D’ maiuscola, anche nei suoi momenti peggiori, rispolverando il fascino ‘casciavit’ di una squadra popolare, quella che Enzo Jannacci citò in “Vincenzina e la fabbrica”. Perché tra il gol che Jordan segnò alla Cavese nel 1982 e il rigore che Andryi Shevchenko infilò nella porta della Juventus a Manchester nel 2003 c’è molta meno distanza di quanto si possa immaginare e un identico filo conduttore, legato alla storia del Diavolo, piccolo o grande non cambia nulla.
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