Muccino: chi di social media colpisce

Non posso certo accusare Gabriele Muccino di farsi bello sulle spalle di Pasolini.
Muccino infatti non ha nessun bisogno di farsi bello sulle spalle di nessuno. L’autore dell’Ultimo Bacio (e di parecchi altri celebratissimi film) ha uno standing che non necessita di alcuna trovata pubblicitaria. Deduco quindi che la sua uscita a gamba tesa sul pensatore bolognese sia stata dettata dal suo libero pensiero. Ed in quanto libero pensiero, è di per sè legittimo.
Anzi, credo che valga molto di più il giudizio sul Pasolini regista di uno che il regista lo fa di mestiere, che il mio o quello della maggioranza di noi, che con la regia nulla abbiamo a che vedere.
Ed infatti questo articolo non vuole trattare di Pierpaolo Pasolini.
Qui vogliamo parlare di amor proprio e del confine labile che passa tra l’amor proprio e la superbia. Scrivere in pubblica piazza, come dobbiamo oggi considerare Facebook, Twitter o qualunque altro social media, qualcosa di scomodo è un atto di coraggio.
Dire che Pasolini è stato regista mediocre, o che ha sgrammaticato la narrazione cinematografica, al netto della condivisione o meno, è certamente un salto nel vuoto fatto scientemente senza paracadute. Il popolo della rete è un popolo buono, che ad intervalli fissi prende i propri paladini e li difende a spada tratta, senza timori e senza remore. Li abbandona velocemente, come una bora triestina che arriva, spazza e va. Ma nel momento in cui li adotta, nessuno ha il diritto alla critica, neppure quella costruttiva.
E’ un dato di fatto, una legge statutaria di uno statuto non scritto, ma non per questo inesistente. E decidere di infischiarsene e cantare fuori dal coro comporta conseguenze.
Il profilo del regista (quello vivente) è stato intasato da critiche (lecite), insulti (meno leciti), commenti sprezzanti e triviali (ancora meno leciti). Ma anche un bambino di cinque anni sapeva ancora prima di leggere il pensiero del signor Muccino che chiunque avesse osato in questi giorni criticare, anche civilmente, la memoria di Pierpaolo Pasolini avrebbe dovuto affrontare qualcosa di peggiore delle forche caudine.
Non posso pensare che Gabriele Muccino sia così sprovveduto da non averlo immaginato.
E quindi il punto. Un regista, un artista, come tutti gli artisti deve essere dotato di una certa dose di ego. E’ condicio sine qua non per poter fare certi mestieri. L’ego ti porta ad esporti anche in situazioni in cui non sarebbe forse meglio, ma certamente più comodo, fare silenzio. Però è superbia pensare di essere talmente sopra gli altri da stupirti della reazione che era naturale il popolo avrebbe avuto.
La rete ha il dono dell’anonimato. Posso anche firmare quello che dico, ma per te che leggi io sarò sempre un emerito signor nessuno. E questo mi permette di dirti cose che in faccia non ti direi mai. Mi permette di farmi forte, grande e grosso, anche se le mie dimensioni sono quelle di un topolino. E soprattutto mi permette, per questo appiattimento da social, di mettermi immediatamente al tuo livello. Tu sei un quotato regista, io uno sconosciutissimo studente, un travet, un dirigente, un disoccupato. Non importa. In questo spazio virtuale tu parli ed io ho diritto alla risposta, e se quello che dici lo ritengo offensivo, posso immediatamente adeguare il mio eloquio alla mia frustrazione.
E’ giusto? No, ma sono i social media, bellezza. E chiunque li adoperi, volente o nolente deve sottostare a questa legge, che è più grande di noi tutti ed alla quale non ci si può sottrarre.
Allora diventa troppo facile, e troppo superbo, scrivere piccati che questi sono comportamenti fascisti, che sono il pari del littorissimo olio di ricino, e che visto che questo non ci piace, tanto vale chiudere l’account.
Perchè le critiche gratuite non piacciono, a nessuno. Ma se sai che le vai cercando, poi devi essere abbastanza umile, e paziente, da sopportarle
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