Nigeriano ucciso: i ‘buonisti’ firmano la condanna senza processo

Quello che io so, quello che voi sapete della notizia del nigeriano ucciso a Fermo da un ‘ultrà’ locale (ma perché poi non definirlo semplicemente ‘cittadino locale’?) è semplicemente quello che arriva dai notiziari e dalla stampa nazionali. Poche notizie, frammentate, dalle quali però gli italiani hanno già tratto non solo la sentenza, ma pure la morale. E’ stato un omicidio, aggravato dal fattore razzista. Il che, peraltro, potrebbe anche essere. Ma che, non solo appare ancora da dimostrare (nella nostra democrazia, e non solo, prima di ritenere colpevole qualcuno si dovrebbe attendere l’esito del processo), ma è pure stato definito nei suoi contorni, nei suoi perché.
L’italiano medio, afflitto da ‘buonismo da poltrona’ con tanto di lacrimuccia annessa, si è già spiegato da solo i fatti, non ha certo bisogno di addentrarsi in quelle che potrebbero pure essere scomode verità. Gli è bastato guardare la foto di Emmanuel Chidi Namdi e signora, vestito in giacca e cravatta lui, sorriso dolce e delicato e lei. Di Amedeo Mancini, l’ultras (continuiamo a chiamarlo così, chissenefrega se magari, nella vita, lavora come elettricista, avvocato o idraulico) della Fermana, abbiamo invece una foto sbiadita, probabilmente tratta da Facebook, con tanto di barba non fatta da tre giorni. L’idea stessa del cattivo, un’immagine quasi perfetta, un Eli Wallach post litteram pronto per assaltare una diligenza, colpire dei peones messicani o, appunto, distruggere una famiglia di migranti provenienti dall’Africa.
Il quadro è già perfetto, soprattutto per un popolo, quello italiano, spesso razzista al contrario, propenso a ragionare per schemi precotti: così il ‘nero sorridente’ è buono a prescindere, una sorta di Zio Tom sempre disposto a compiere opere di bene. La storia strappalacrime di Emmanuel (fuga dolorosa dal Paese di origine, viaggio in barca, rischio continuo di morte, varie ed eventuali) non è diversa da quella dei tanti clandestini che affollano e invadono le nostre città. Ma lui c’ha la foto in stile Prima Comunione, lui sorride, lo si vede a distanza che è bravo. Tutto il contrario dell’italiano, bieco a prescindere. Uno che fa Mancini di cognome ha qualcosa di sbagliato dentro, lo sanno perfino i tifosi dell’Inter. Una ricostruzione piuttosto lombrosiana della vicenda, che piace al telespettatore medio ma che ha già emesso la sentenza. Il tutto, ovviamente, condito da dibattiti che, e questo è ancora peggio, il giudizio lo hanno già dato, con tanto di firma di professionisti, o presunti tali: “Otto e mezzo”, il ‘rotocalco’ della ineffabile Lilli Gruber, va giù subito duro di sottopancia: “L’Italia è un Paese razzista?”, i titoli dei giornali già si sprecano sulla triste sorte della moglie di Emmanuel, il suo canto sofferto. “L’Unità” apre con un altrettanto straziante “Così è morto un italiano”. Insomma, aspettiamoci fiumi di lacrime e di retorica per una vicenda di cronaca che, in realtà, non differisce dalle tante che popolano l’Italia di oggi.
Poi ci sono i dettagli, quelli che interessano meno. Quelli, per esempio, secondo i quali non uno, ma ben quattro testimoni (praticamente tutti quelli presenti) individuano nella coppia africana la prima ad avere acceso la miccia della collutazione. Emmanuel, il nigeriano buono con il vestito da Prima Comunione, avrebbe addirittura estratto un segnale stradale dal cemento per cercare di colpire Mancini. Roba da niente, insomma, normale amministrazione, che sia o meno preceduta da un appellativo, quello di ‘scimmia’ (rivolto alla moglie di Emmanuel), della cui veridicità, per ora, si ha notizia solo perché è la stessa nigeriana a raccontarcelo, ma che non può essere usato come scusa per sradicare un palo e tentare di massacrare una persona. “Lo hanno picchiato per quattro o cinque minuti e lo hanno colpito anche con il palo di un segnale stradale”, sostiene una donna che ha visto tutto, probabilmente squallida razzista pure lei. Tanto che la polizia, è bene sottolinearlo, è stata subito chiamata per accorrere in difesa del cittadino fermano (cioè, dell’ultras…). Chi avesse cercato di intervenire per sedare la rissa, sempre secondo la testimone, veniva preso a scarpate dalla donna nigeriana, che nel frattempo avrebbe anche chiamato altri suoi connazionali per ‘sistemare la faccenda’, forse una volta per tutte. Quindi la reazione del Mancini, un pugno, fatale, purtroppo per Emmanuel. Che, a leggere queste righe, potremmo definire più un emulo di Kabobo che un innocuo migrante in cerca di un futuro migliore. Ma i giudizi non spettano a noi, né tanto meno a quella pletora di ‘italiani buoni’ che la propria sentenza l’hanno già emessa. Probabilmente perché Amedeo Mancini è bianco.
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buonismo, razzismo alla rovescia, falso pietismo, blà, blà, blà…
non so, forse sbaglio…. ma io definisco amedeo mancini “un assassino !”