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Home›Lombardia›EXPO›“Nutrire il pianeta”, e se fosse attraverso gli OGM? Alcuni ‘pro’ e alcuni ‘contro’

“Nutrire il pianeta”, e se fosse attraverso gli OGM? Alcuni ‘pro’ e alcuni ‘contro’

By Lucrezia Lessio
12 Giugno 2015
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Le previsioni per il 2050 stimano un aumento della popolazione di oltre 10 miliardi di individui. Mentre il numero di abitanti crescono in maniera esponenziale, la porzione di terra coltivabile rimane costante – o nel peggiore dei casi, rischia di diminuire a causa dell’urbanizzazione delle aree rurali. Una maggiore produttività delle coltivazioni può in parte arginare questo problema, in tal caso l’utilizzo di piante GM (geneticamente modificate) potrebbe essere una soluzione. Questo oltretutto permetterebbe anche di mantenere la bio-diversità, non facendo quindi scomparire molte specie per sostituirle con altre destinate all’alimentazione.

L’utilizzo degli OGM sfocerebbe in una maggiore produzione ecologicamente sostenibile. Al contrario dei falsi miti creati dall’ignoranza in questa materie: si tratterebbe di una coltura biologica.

Ad avvalorare la tesi della coltura biologica con l’utilizzo di OGM va la riduzione o la totale assenza di diserbanti permettendo comunque una resa maggiore. L’utilizzo di erbicidi che tanto spaventano gli ecologisti sarebbe ridotto attraverso la coltivazione di piante rese resistenti ad alcuni tipi diserbanti: si ridurrebbe infatti ad un solo trattamento blando per l’eliminazione delle piante infestanti evitando ulteriori terapie a protezione della coltura.

Un minore consumo di pesticidi permette anche una minore produzione di C02: nel 2011 la coltivazione di OGM ha permesso di ridurre le emissioni nell’atmosfera di 23,1 miliardi di kg, equivalenti a 10,2 milioni di auto.

Un miglioramento della produzione si può anche ottenere inserendo nella pianta una resistenza all’attacco di insetti predatori. Un esempio è il largamente coltivato mais BT, che produce una protossina nociva per le larve degli insetti, proteggendo così la pianta. Questa tossina non è nociva per l‘uomo ed è ampiamente utilizzata nell’agricoltura biologica. La coltivazione di questo mais permette un notevole risparmio sia economico sia per l’ambiente, sui trattamenti in campo. Il mais danneggiato dalla piralide – un insetto – è reso più debole e soggetto all’attacco di funghi che possono produrre aflatossine – tossine altamente cancerogene.

“Nutrire il pianeta” – non è solo il motto dell’Esposizione Universale che sta toccando l’Italia e Milano in particolare in questi mesi. Attraverso l’utilizzo degli OGM l’arricchimento di colture destinate all’alimentazione con molecole essenziali per la salute umana, potrebbe essere risolutivo in zone dove l’alimentazione non è equilibrata – per povertà, cultura o condizioni avverse – che provoca milioni di morti ogni anno. Il Golden Rice è una varietà di riso geneticamente modificato in modo da contenere ß-carotene, che il metabolismo umano converte in vitamina A. La carenza di questa vitamina – che principalmente si sviluppa in quelle popolazioni la cui alimentazione si basa primariamente su riso – comporta gravi effetti sulla salute, in particolare cecità.

Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) addirittura 100 milioni di bambini poveri nel mondo hanno una dieta carente di vitamina A e, per questa ragione, a migliaia diventano ciechi ogni anno. Al fine di evitare patologie oculari, sarebbe sufficiente che queste popolazioni assumessero un quantitativo maggiore della vitamina mancante. Tuttavia l’introduzione di questa coltura ha avuto considerevoli ritardi soprattutto per una questione di brevetto: la distribuzione gratuita è infatti stata osteggiata dalle case produttrici.

Contrariamente ai luoghi creati riguardo agli organismi geneticamente modificati, alcune piante possono diventare determinanti in caso di disastri ambientali. Queste possono essere modificate in modo da assorbire dal terreno metalli pesanti o altri inquinanti (come derivati del petrolio).

Molti batteri geneticamente modificati sono largamente utilizzati per la produzioni di vaccini e altre sostante utilizzate in ambito medico e farmacologico, ma l’utilizzo delle piante potrebbe diminuirne i costi di produzione.

E allora perché questi OGM non vengono utilizzati ovunque?

Le attuali prove scientifiche non riscontrano possibili danni per l’uomo o l’ambiente a seguito di un loro oculato utilizzo. Le attuali prove scientifiche non riscontrano possibili danni per l’uomo o l’ambiente a seguito di un loro oculato utilizzo. Ciò che potrebbe spaventare è invece la possibile ibridazione di piante GM con piante “naturali”. La diffusione del polline di queste piante deve essere infatti controllato attraverso zone cuscinetto, così da evitare l’impollinazione con piante compatibili. Molte sono le critiche degli ambientalisti su questo metodo, e infatti si stanno cercando soluzioni alternative, come la creazione di piate sterili e che quindi non producono polline.

La normativa UE riguardante la coltivazione di OGM si basa infatti sul principio di precauzione, secondo cui:

“Nel caso esista il rischio di una significativa riduzione della diversità biologica, la mancanza di certezze scientifiche sugli esiti di una tecnologia non deve essere utilizzata per evitare l’adozione di misure volte a minimizzare tale rischio”. La sua adozione è pertanto funzionale ad evitare una sottostima dei potenziali rischi. L’applicazione di tale principio deve comunque essere proporzionale al livello prescelto di protezione, non discriminatorio coerente con misure analoghe già adottate e basata su un esame dei potenziali vantaggi e oneri in un’analisi economica costi/benefici”.

L’UE ha adottato quindi una legislazione non discriminatoria a priori, delegando ai vari stati membri la decisione sull’adozione di colture GM.

I dubbi sul loro utilizzo sono quindi più che altro legati alla realtà economica che vi sta dietro. Soprattutto lì dove gli OGM potrebbero essere usati per scopi umanitari, le multinazionali che li producono sono restii alla loro diffusione, barricandosi dietro alla questione dei brevetti per non rinunciare al guadagno che deriva dalla vendita delle loro sementi.

 

 

 

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