Olimpia imbarazzante, fine della coppa Italia

L’ Olimpia esce con ignominia dalla Coppa Italia, al termine di una prestazione imbarazzante sotto ogni aspetto del gioco. I biancorossi non hanno mai messo in campo l’energia necessaria per vincere, sono partiti con un piano partita che si è rivelato deficitario, non hanno mai saputo ampliare a sufficienza il ventaglio delle soluzioni tattiche a propria disposizione e sono stati semplicemente umiliati da una Cantù motivatissima, che ha sopperito agli infortuni pesanti di Culpepper e Crosariol con un’applicazione tattica e mentale encomiabile.
Il peccato originale è stato commesso da Pianigiani, che ha impostato un roster incapace di girare a proprio favore le mancanze di quello canturino, poi i giocatori ci hanno messo del loro, difendendo in modo vergognoso per almeno 25 minuti, e fallendo nel produrre il necessario sforzo per rimontare il pesante svantaggio consequenziale alla loro prestazione indegna. Di solito, la Coppa Italia serve per capire se esiste il gruppo dei giocatori e il loro affiatamento con lo staff tecnico sono solidi: ebbene, la risposta a questa domanda è fortemente negativa e i tifosi milanesi devono essere seriamente preoccupati per il resto della stagione.
Quintetto Milano: Goudelock, Micov, Kuzminskas, Cusin, Theodore
Quintetto Cantù: Smith, Cournooh, Chappel, burns, thomas
Pianigiani sceglie curiosamente di lasciar fuori dal roster Tarczewski e M’Baye, ovvero due lunghi, proprio il settore dove Cantù ha problemi, viste le cattive condizioni fisiche di diversi elementi. Ci si aspetterebbe che il coach milanese aumenti il tonnellaggio e allarghi le possibili rotazioni, e invece decide di adattarsi agli avversari invece di imporre un indubbio punto di forza a proprio favore. Cantù punta comunque a mandare la palla sotto, per poi riaprire il gioco, mentre Milano non sembra avere un piano partita ben definito e va un po’ con l’ispirazione dei propri esterni. Gli uomini di Sodini partono meglio e vanno sul 7-2, e, anche qui stranamente, Pianigiani lascia scorrere la partita invece di chiamare timeout. La partita è totalmente in mano ai canturini, che corrono al doppio della velocità e hanno una convinzione infinitamente superiore. I biancorossi sembrano in campo giusto perché non possono evitare di farlo, così il vantaggio per i brianzoli continua ad ampliarsi (4-13). Milano, come già si poteva prevedere dalla lettura del roster, non ha gioco sotto canestro, continua ad affidarsi al caso e l’unica cosa buona che è in grado di fare è correre in contropiede, ma ci riesce pochissime volte. Gudaitis è abbandonato a se stesso e l’unico modo che ha per essere coinvolto in attacco è prendere rimbalzi offensivi, altrimenti i compagni non gliela passano mai, anche quando sarebbe in posizione ideale per essere servito. Negli ultimi minuti del quarto, Milano prova a mettere un po’ più di grinta almeno in difesa, ma in attacco è un continuo passarsi la palla sul perimetro e tirare, un gioco che più monodimensionale non si può. Quando gli esterni provano a penetrare e scaricare, sbagliano sistematicamente e Pascolo si ritrova a dover commettere due falli per fermare i contropiede avversari conseguenti alle perse dei suoi compagni. Pianigiani allora ha la gran pensata di mettere Micov da presunto 4, così la squadra è ancora più piegata alla fisionomia avversaria invece di imporre le proprie scelte. Il quarto si chiude sul 18-28 grazie a una prodezza di Cournooh da metacampo e, al di là dell’ultimo canestro, è inaccettabile concedere tutti questi punti a una squadra priva della propria stella e del proprio lungo più pesante.
Milano continua a perdere palloni e a commettere falli per fermare i contropiede avversari e a difendere con la stessa intensità dell’aria. Thomas palleggia davanti a Gudaitis, gli tira da 3 in faccia, segna e subisce fallo, e questa azione è il simbolo del diverso atteggiamento delle due squadre nella partita. Cambiano gli esterni milanesi in campo, ma è sempre quello il risultato: certo, alcune volte la palla ovviamente entra, ma non c’è continuità, e soprattutto non c’è difesa. Cantù segna 37 punti in 13 minuti, il che sta a significare che sicuramente Pianigiani ha sbagliato a impostare il roster e il piano partita, ma la colpa di questa non difesa è principalmente dei giocatori. Milano è talmente timida anche in attacco che Cantù fa due soli falli nella prima metà del quarto. Ci prova Theodore a prendere in mano la partita per i suoi, ma Milano è sempre letargica in difesa e non può sperare di rimontare se nella propria metacampo non ci mette il giusto impegno. Cantù arriva a 50 punti in 18 minuti, e supera i 20 punti di vantaggio poco dopo (33-54). È difficile trovare altro da raccontare in questa partita: fino a quando Milano ha un atteggiamento così molle in difesa, è inutile analizzare e osservare, nonché sperare in una rimonta. Si va all’intervallo lungo con un eloquente 38-57.
Kuzminskas prova a dare la scossa ai suoi con 5 punti, ma Cantù continua a segnare a un ritmo che preclude qualsiasi tentativo di rimonta. Una piccola speranza per Milano potrebbe arrivare dal quarto fallo di un Thomas devastante fino a questo momento, infatti Cantù segna di meno, ma Milano, dopo diversi minuti in cui in attacco qualcosa girava, sbaglia tre possessi consecutivi, e Cantù ha ancora ben 22 punti di vantaggio a 15 minuti dalla fine (48-70). La cosa davvero assurda e inspiegabile è che quando Milano segna, non difende, e quando difende, non segna, quasi come se fosse impossibile fare entrambe le cose nella stessa fase della partita. Pianigiani prova a vedere se l’ingresso di Abass può cambiare qualcosa, e infatti l’ex canturino segna quasi subito da 3. I canturini, però, sono precisissimi da 3 in questa fase, e arrivano al massimo vantaggio sul +25 (54-79). La frustrazione degli uomini di Pianigiani è evidente, ma Sodini non abbassa la guardia e chiama subito timeout appena i suoi subiscono un principio di parziale, in questo caso un 7-1 che riduce il divario a 19 punti. Cantù smette di segnare e commette una serie di palle perse, di cui Milano approfitta solo parzialmente. Il punteggio al termine del terzo quarto è di 63-80, difficile immaginare una rimonta, ma se l’attacco canturino è quello degli ultimi minuti del quarto, nessuna speranza è preclusa.
Ovviamente, non solo Milano deve sperare che gli avversari non segnino, ma non deve sbagliare nemmeno un’opportunità per ridurre le distanze. Invece, i milanesi sono poco fluidi in attacco, e Cantù ha ancora 19 punti di vantaggio (68-87) a 7’ dalla fine. Bisognerebbe segnare velocemente e difendere alla morte, ma non succede né l’una, né l’altra cosa: la difesa non è più quella disastrosa dei primi 25 minuti, e in attacco i punti segnati non sono molti ma nemmeno pochissimi, il problema è che, dopo due quarti e mezzo così, ci vuole uno sforzo che l’Olimpia non ha nelle proprie corde. La partita si trascina stancamente verso la conclusione, con Cantù che tiene palla il più possibile, tanto Milano non la aggredisce, e l’Olimpia che non ha le energie fisiche e mentali per imporre il ritmo alto e il clima da battaglia di cui avrebbe bisogno per rimontare. Finisce 105 a 87 per Cantù. L’Olimpia torna a casa.
Stefano Bartolotta
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