Questa volta vince la Guardia di Finanza: arrestato il barone Filippo Dollfus De Volckersberg

La Guardia di finanza di Busto Arsizio (Varese) ha fermato a Milano il barone e finanziere svizzero Filippo Dollfus De Volckersberg, indagato per associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio transnazionale. Secondo le accuse,Dollfuss, uomo ombra dell’alta finanza internazionale noto da tempo alle cronache giudiziarie italiane è accusato di essere a capo di una fitta e proteiforme organizzazione criminale e di aver provveduto nel corso degli ultimi decenni, dal suo quartier generale di Lugano, attraverso un articolato e ben collaudato sistema, ad assistere la propria facoltosa e selezionata clientela italiana, nel trasferire all’estero ed occultare ingentissime somme di denaro che, nella gran parte dei casi, si sospetta essere frutto di delitti di appropriazione indebita, evasione fiscale, corruzione o riciclaggio perpetrati in territorio italiano.
Filippo Dollfus, con la collaborazione di Gabriele Bravi, commercialista milanese arrestato nel marzo 2013 nel corso della stessa indagine, si legge in una nota della Guardia di Finanza, provvedeva a: individuare e contattare clienti italiani (per lo più società di capitali e professionisti) interessati a trasferire all’estero ed occultare denaro o utilità; costituire società in paesi esteri, (soprattutto Olanda, Lussemburgo e Svizzera) che svolgevano il ruolo di società di partecipazione delle attività finanziarie dei clienti, organismi a volte in rapporti diretti con le società italiane dei clienti, e quasi sempre, compartecipate da società fiduciarie italiane;
assicurare il deposito delle utilità e del denaro, opportunamente schermato, presso banche situate per lo più in Svizzera intestati a strutture/società anonime (cc.dd. casseforti) dedicate a singoli clienti, (formalmente o di fatto dirette da Bravi e Dollfus) necessariamente collocate in paesi cc.dd. off shore (Panama, Isole Vergini, Antille olandesi, Jersey, Madeira, Liberia ecc.),
utilizzate al fine di garantire l’anonimato del titolare effettivo e l’impossibilità di ricostruire il movimento degli affari ed il patrimonio data la mancanza in detti paesi dell’obbligo di tenuta della contabilità; instaurare rapporti bancari direttamente gestiti dalla organizzazione, a loro volta intestati a società con sede off shore (cc.dd. conti calderone o di mero transito), presso banche per lo più svizzere, attraverso i quali venivano operati i trasferimenti finanziari intermedi dalle strutture cassaforte a quelli finali, in modo da confondere la identità e la natura delle operazioni di trasferimento del denaro e dunque da rendere impossibile l’individuazione della loro provenienza;
garantire, coordinare e dare esecuzione alla complessa attività finora descritta (es. confezionamento materiale dei documenti, direttive a terzi per le modalità della loro redazione, tenuta della contabilità e rendicontazione, invio, esecuzione ordini di trasferimento bancario (bonifici e prelevamenti), consegna di denaro contante, calcolo dei compensi dovuti a tutte le organizzazioni e professionisti di supporto ivi compresa quella dell’associazione a delinquere, ecc.).
Tali attività, conclude la nota, venivano principalmente svolte attraverso il personale della società anonima di Lugano gestita da Dollfus, ed in parte negli uffici della propria succursale milanese.
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