Rosmersholm, in scena al Parenti

Al Teatro Franco Parenti, in Sala AcomeA, dal 23 gennaio all’ 11 febbraio 2018, “ROSMERSHOLM – Il gioco della confessione”. Monodramma a due voci di Henrik Ibsen. Riduzione Massimo Castri, da un’idea di e con Federica Fracassi e Luca Micheletti. Regia Luca Micheletti. Musiche Henry Cow, Jeff Greike, Emmerich Kálmán. Luci Fabrizio Ballini. Suono Nicola Ragni, produzione Teatro Franco Parenti, in collaborazione con Compagnia Teatrale I GUITTI, sotto l’Alto Patrocinio della Reale Ambasciata di Norvegia e con il sostegno di Innovation Norway.
Rosmersholm è il dramma dell’inazione, del presente svuotato, dei fantasmi che vincono sui viventi, un horror in forma di seduta psicanalitica: forse il più palpitante “copione del terrore” uscito dalla penna di Ibsen. Dopo Mephisto di Klaus Mann, prodotto dal Franco Parenti, Luca Micheletti e Federica Fracassi proseguono la loro esplorazione dell’universo ibseniano con quest’opera scritta dall’autore norvegese nell’ultima fase della sua vita. Rebekka West (futuro oggetto dello studio di Freud e di Groddeck), donna nascostamente passionale e libera pensatrice apparente, prende servizio a casa del pastore Rosmer, espressione e vittima al contempo di un ordine aristocratico chiuso in se stesso, governato da ferree leggi morali e forse addirittura soprannaturali: “i bambini a Rosmersholm non ridono mai…”.
Se nel giovane Ibsen la lotta per la ricerca di se stessi prende la forma esplicita di una cruda fantasia iniziatica e soprannaturale, un dramma della maturità come Rosmersholm inietta l’astrazione sottopelle, la confina nei sogni, anzi negli incubi di Rebekka e Rosmer: incarnazioni simboliche di due estremi opposti che finiscono per confondersi e annientarsi. Fu Massimo Castri a concepire questa “tragicommedia” come un dispositivo teatrale in forma di monodramma a due voci. Scegliamo di far rivivere il suo copione, rianimando il mostro bicefalo che ha immaginato ormai decenni fa, in un nuovo ring senza esclusione di colpi che è anche una camera di tortura delle parole, alla ricerca impossibile di quella verità che al teatro è negata per statuto, da sempre e per sempre.
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