Sara: dov’è finito il concetto di normalità?

Sull’omicidio della giovane e sfortunata Sara Di Pietrantonio abbiamo purtroppo letto tutto, forse anche più del necessario. Come da copione la rete si è scatenata e ha identificato il bersaglio contro cui dispensare perle di saggezza in materia di giustizia, prevenzione, psicologia, sociologia, sicurezza e quant’altro. Non è il reo confesso, no; sarebbe forse stato troppo semplice. Quel disgraziato dell’ex fidanzato, Vincenzo Paduano – Vince MC Ojons per gli amici di Facebook – è già passato in secondo piano. L’ha uccisa, è vero, ma non fa notizia. I veri bersagli sono i due ragazzi che sono passati davanti alla coppia durante il litigio e non si sono fermati. I mostri sono loro; sono loro che rappresentano una società ormai in preda all’indifferenza, incapace di provare empatia e calore umano; loro che non hanno fatto nulla per impedire la morte di una ragazza innocente.
Due estranei che alle 3 di notte sono passati per una strada di un quartiere poco raccomandabile di Roma e hanno visto due ragazzi litigare avrebbero dovuto rendersi conto che di lì a breve si sarebbe consumata la tragedia e avrebbero dovuto allertare le forze dell’ordine. Non hanno compreso la gravità della discussione, macchiandosi del reato di indifferenza che è costato la vita ad un’innocente poco più che adolescente.
La domanda sorge spontanea: ma se i due passanti avrebbero dovuto rendersi conto di qualcosa, cosa dovremmo dire delle famiglie dei ragazzi? I genitori dell’assassino, per esempio, come hanno fatto a vivere per 27 anni con un farabutto capace di premeditare un omicidio di quel tipo senza dubitare della sanità mentale e dell’equilibrio del verme che stavano crescendo? Quanto tempo avranno trascorso i passanti in presenza dei due ragazzi che discutevano? Un minuto? Diciamo due. In due minuti dovevano capire quello che la madre e il padre di Mr MC Ojons non hanno capito in 27 anni; in due minuti dovevano intuire quello che i famigliari di Sara Di Pietrantonio non hanno intuito in 2 anni.
Sara era già stata aggredita da quello che sarebbe diventato il suo assassino, quell’uomo a cui dedicava post con la scritta “Ti amo anche oggi”; aveva deciso di non denunciarlo. I famigliari della ragazza lo descrivono come “un bravo ragazzo”, solo un po’ geloso. Era ossessivo, lo sapevano tutti. Lo sapevano le amiche di Sissi, come veniva soprannominata sin da piccola; lo sapevano le zie; lo sapeva la mamma. Da quando una gelosia ossessiva è diventata normalità? Da quando l’aggressione da parte di un fidanzato può essere tollerata? Da quando le amiche assistono a quello che sarà il preludio di un omicidio senza accorgersi della tragedia che sta per consumarsi?
Forse dovremmo cambiare rotta, e forse dovremmo farlo molto velocemente. Capita, purtroppo, di vedere due ragazzi litigare. Capita, purtroppo, di non comprendere la gravità di una lite. Capita anche troppo spesso di scoprire atti di violenza all’interno di una coppia e capita ancora più spesso di scoprire che vengono in qualche modo minimizzati e accettati. Forse dovremmo tornare ad un concetto di normalità un po’ più tradizionale, forse antico: un uomo ossessivo, maniacale, aggressivo non fa parte della normalità; non è comprensibile ed accettabile. Invece di puntare il dito contro due passanti dovremmo parlare con l’amica che ha preso uno schiaffo dal suo ragazzo; dovremmo raccontare gli episodi di violenza a cui assistiamo in silenzio; dovremmo spiegare a figlie, nipoti, amiche e conoscenti che Amore e soprusi non vanno d’accordo, che meritano di essere rispettate, che hanno il diritto di non tollerare nemmeno il minimo atteggiamento che le renda inquiete o insicure.
Potremmo smettere di puntare il dito verso l’altro e pensare di fare qualcosa di costruttivo: intervenire in tutte quelle situazioni che in qualche modo tolleriamo sperando che non diventino l’ennesimo racconto del “sembrava un bravo ragazzo”. I bravi ragazzi sono altri, e credo che siano stufi di essere paragonati a degli assassini senza personalità e rispetto per la vita altrui. Forse i bravi ragazzi sono due passanti che non comprendono la gravità di una lite; perché i bravi ragazzi non riescono nemmeno ad immaginare che un uomo arrivi a bruciare viva una donna per gelosia, o per qualsiasi altro motivo. Quello lo fanno gli assassini.
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No, non sono responsabili i due ragazzi. Se non si fossero fatti gli affari loro, probabilmente sarebbero carbonizzati. Chi si fa i cazzi propri, sbagliando, sono le forze dell’ordine, maledetti nullafacenti inpigriti che vivono con i soldi di noi contribuenti. Un piccolo esempio:
Dove vivo io c’è uno psicopatico, denunciato più volte, mandato raccomandate a sindaco, questura, carabinieri, assistenti sociali, usl.
Nessuno fa niente. Nonostante aggressioni, denunce e prove varie, ha perfino minacciato il sindaco, al quale i carabinieri hanno risposto “eeehh non possiamo fare niente se non fa qualcosa di grave” cosa oltretutto falsa, perchè per minacce la legge prevede anche un anno di carcere. Aspettiamo che magari tagli la gola a uno dei bambini del palazzo, e allora poi ci sarà l’articoletto di merda, i post su facebook, e le istituzioni che cadranno dal pero facendo finta che non si sapeva. Allora a meno che non sia io a lasciarci la pelle, porterò tutta la documentazione a degli avvocati, e i maledetti parassiti nullafacenti dello Stato si dovranno finalmente assumere le loro responsabilità.
Anche illudere una persona per poi disilluderla abbandonandola a se stessa dooo avere costruito una coppia è una forma di violenza, molto diffusa tra le persone di oggi, talvolta provoca situazioni drammatiche.
La violenza non va giustificata o condannata, va compresa.
Quella di Vincenzo è spiegata sopra.
E quella delle persone che illudono gli altri chi ce la spiega?