Solfrizzi a Milano: “Sono un attore, non un comico”

Emilio Solfrizzi torna a Milano, al Teatro Manzoni, dove fino al 30 ottobre andrà inscena con “Sarto per signora” di Georges Feydeau, con la direzione di Valerio Binasco. una scelta impegnativa, per un autore fuori dagli schemi e protagonista di un vaudeville che regala a Solfrizzi la possibilità di interagire con il pubblico facendo leva su tutta quanta la propria vis comica. E in conferenza stampa l’attore ha attinto a piene mani dal suo passato, parlando di Bari e di una tradizione del mondo dello spettacolo legata alla scuola napoletana e al teatro di strada, ricordando quanto siano stati importanti per lui i personaggi di Toti e Tata e la pugliesità che li pervade.
Si tratta di una commedia scritta da Feydeau a 23 anni, in grado di mettere il pubblico dell’epoca dinanzi alle proprie ipocrisie, ma che al Manzoni verrà ‘atemporalizzata’ aggiornandone il senso grazie al talento degli attori: “Mantenere viva una battuta come se la sentissimo per la prima volta. L’abilità di una compagnia è questa: vivere la sorpresa del testo”, ha detto Solfrizzi in conferenza stampa, plaudendo alle qualità dei colleghi in scena, e proseguendo: “Feydeau ha scritto con un’energia dirompente per il suo tempo. Ha sfidato gli attori e il sistema teatrale dell’epoca. E’ riuscito a raccontare al pubblico in maniera divertente quello che il pubblico non voleva farsi sentir dire, rendendolo complice”.
Solfrizzi ha poi reso omaggio a Milano e alla sua tradizione cabarettistica, rendendo la propria storia figlia di una teatralità diversa, legata al Meridione e alla scuola napoletana: “Arrivando in Stazione Centrale mi sono emozionato vedendo la foto di Fo, Gaber e Jannacci che si abbracciano. I pugliesi si sono dovuti rifare a una tradizione napoletana più teatrale, ma non c’era il cabaret. Il mio è un teatro di strada e in Feydeau c’è questo. In questo spettacolo c’è tutto questo”.
Infine una nota sulla propria comicità: “Io sono un attore, non un attore comico. Ma ai giornalisti piace creare delle categorie. La verità è che io non posso scegliere. A Robert De Niro arrivano 40mila proposte all’anno, a me ne arriva una, massimo due. E quella mi tocca fare…”.
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