Stalker, una serie godibile chiusa all’improvviso

“Stalker” è una serie televisiva più che discreta, ma finita male, dopo una sola stagione. Trasmessa dalla CBS nel 2014, ha visto succedersi 20 episodi con il classico finale in sospeso (“cliffhanger” in inglese) che tutto lascia supporre la ripresa in una seconda stagione che, però, non verrà più prodotta.
Un cast di livello assoluto
Lo stesso creatore dello show, Kevin Williamson, in una intervista al sito “Collider”, si era detto sicuro di un prosieguo. Nella serie, va detto, in molti ci avevano creduto, selezionando un cast di livello assoluto, con lunghissime esperienze in altri telefilm: l”esotica’ Maggie Q, il ‘bellissimo’ Dylan McDermott, l’affascinante Mariana Klaveno (la triste quanto splendida vampira di “True Blood”), senza dimenticare l’attrice tedesca Elisabeth Röhm, una lunghissima esperienza in “Law & Order”. In aggiunta, nelle ultime puntate, compaiono altre due ‘star’ del calibro di Mira Sorvino (non c’è bisogno di presentazioni) e Phoebe Tonkin (nota al grande pubblico per “Vampire Diaries”).
Lo ‘stalking’ trattato senza sconti
“Stalker”, un ‘police procedural crime drama’ (nella dizione angolofona) dedicato, ovviamente, al fenomeno dello ‘stalking’, è intelligente e ben sviluppato nella sceneggiatura, con personaggi ben tratteggiati e con storie credibile. Vengono abilmente mischiate le vicende personali dei protagonisti (forse, effettivamente, fin troppo belli; si vorrebbe tutti terminare in una centrale di polizia se la media dei protagonisti reali fosse questa) a quelle dei casi su cui si trovano a lavorare durante lo svolgimento di ogni singolo episodio, il tutto sull’onda di una serie affascinante di ‘cover’ di grandi successi musicali degli anni ’80, opportunamente rallentate, soprattutto sul finale di episodio, per risaltare i momenti più drammatici.
Chiusura improvvisa, meglio così
Ovviamente, anche in questo caso, ci sono degli inciampi. Uno invocato da parte del pubblico dissenziente, che ha addirittura lanciato una petizione online (poco seguita) per la cancellazione della serie a causa di una presunta superficialità nel trattare lo ‘stalking’. Personalmente, dopo avere visto tutti e venti gli episodi, non mi è parso assolutamente. Anzi, i personaggi scelti come ‘villain’ sono ben assemblati, forse fin troppo per il manicheo mondo dello spettacolo americano, abituato a ragionare per schemi preconcetti. L’episodio in cui la colpa dello ‘stalking’ si sposta dal presunto colpevole alla presunta vittima potrebbe avere irritato un certo tipo di benpensanti e segnato il destino della serie.
L’altro aspetto un po’ bizzarro di “Stalker” è che, da una struttura sommariamente episodica, in cui una storia si apre e si chiude nell’arco della puntata, nella sua parte finale diventa ‘serializzato’ senza spiegazioni, con l’introduzione forzata di alcuni personaggi che nulla aggiungono ma anzi tolgono alla freschezza della trama.
Il finale, insoluto, della prima stagione non lasciava insomma intravedere buoni auspici per la seconda. Forse la chiusura è stata la scelta migliore: ci permetterà di ricordare in maniera lieta una serie (quasi sempre) spumeggiante.
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