Strepitoso successo per La dame aux camélias

La Dame aux camélias, il celeberrimo romanzo di Alexandre Dumas, ha dato origine a una pièce teatrale, un’opera lirica fra le più famose, a vari titoli cinematografici ma è stata anche fonte d’ispirazione di diversi balletti. La Dame aux camélias, il più riuscito, nella coreografia di John Neumeier, torna sul palcoscenico scaligero, dove era felicemente andato in scena nella stagione 2006/07.
Il balletto, creato quarant’anni fa per Marcia Haydée ed Egon Madsen, è un grande esempio di dance drama. Un balletto narrativo dove il coreografo completa la sua specifica funzione diventando anche regista, fondendo in un’armonica conoscenza il soggetto da rappresentare, l’impiego dei danzatori, e tutto ciò che concorre alla completezza di una rappresentazione: musica, scene e costumi. In questo balletto, in tre atti e un prologo, che si richiama a una matrice letteraria dove forte è la drammaturgia e l’introspezione psicologica dei protagonisti, Neumeier non racconta soltanto un periodo dell’intensa vita della famosa demi-mondaine, ma ne fa uno specchio dell’inconsistenza dei sentimenti borghesi a fronte di una passione bruciante e profonda che infrange gli stereotipi. Si comprende facilmente la scelta operata dal coreografo a favore di Chopin (a fronte di una più facile scelta delle musiche verdiane, ad esempio), per togliere ogni eccesso di drammaticità operistica, focalizzando la trama con ciglio asciutto ed essenziale, con musiche spoglie di esteriorità sentimentalista. A questo si aggiungano le fascinose quanto essenziali scenografie, declinate in sabbiose tinte pastello e vivificate da raffinati e sontuosi costumi entrambi ideati da Jürgen Rose.
Nella scelta delle prime, si scorge il dualismo tra la rappresentazione della società parigina del tempo e l’intimità della storia; dualismo che si svela in citazioni realistiche, ancorché spogliate di fasto, in contrapposizione all’essenzialità di oggetti su cui ricade la simbologia del ricordo. I lussuosi costumi, che esaltano spalle e busto dei danzatori restano, soli, nella preziosità delle stoffe, a parlarci dell’amore per il lusso e l’opulenza della società parigina. Neumeier sceglie inoltre di attenersi al romanzo, e non alla pièce di Dumas figlio, recuperando quella fatalistica analogia che il destino ha scritto per Marguerite Gautier e Armand Duval con quella di Manon Lescaut e il Cavalier Des Grieux. Il romanzo dell’Abbé Prevost, per la naturale sovrapposizione delle trame, lo troviamo citato con frequenza dalla vendita all’asta degli oggetti della appena scomparsa Marguerite, prologo da cui prende il via la vicenda. Protagonisti della serata, le étoiles Svetlana Zakharova, (esordio scaligero nel ruolo), e Roberto Bolle, per la prima volta insieme in questo balletto. Strepitosi Marguerite e Armand, che esaltano una coreografia fatta di figure plastiche e morbide, fisica e carnale, costellata di appassionanti corpo a corpo, dove i lifts si sprecano (un porteur come Bolle, fa sembrare tutto leggero) e si terminano in splendide figure (Marguerite sdraiata sulle spalle, alla Paolina Borghese), di braccia sempre molto allungate, di manèges imperiosi, di scivolate a terra, quando il corpo di Armand “glissa” sul palcoscenico. Tutto a evocare la travolgente, lancinante passione che brucia i due amanti. Il climax si raggiunge nei pas de deux, pensati da Neumeier quale emblema e sottolineatura dei momenti cardine, dove la tecnica impeccabile dei passi è il mezzo per dar libero sfogo all’intenso pathos.
Roberto Bolle è un Armand credibile, fresco e amoroso nei primi due atti, intenso nel terzo. Innamorato pudico al primo incontro, abbandona ogni remora per un’intensa passionalità. Da manuale la tenerezza del suo amore, che si traduce in leggerezza nel “portare” l’amata. Sprigiona passione. E orgoglio ferito, nel passo a due con Prudence. La disperazione lo fa “rotolare”, in quelle drammatiche entrate e uscite di scena, a flash. Impressionante la prova di Svetlana Zakharova, mirabile tecnicamente, disegna una Marguerite bella e sensuale, charmante, sinuosa, passionale con l’amante, per mostrare dignità e fierezza nel drammatico incontro con il vecchio Duval. In un drammatico pas de deux si spoglia anche del vestito, per aderire ancor meglio alla passione amorosa. Nel doloroso epilogo si trasfigura in un’eroina dolentemente rassegnata, quasi trattenuta. Una sofferenza non urlata, non esteriorizzata: stilizzazione della vittima sacrificale. Efficacissima la contrapposizione dei pas de deux di Manon e Des Grieux, gli ottimi Nicoletta Manni e Marco Agostino. Una specularità che unisce le due eroine, tanto che Marguerite finisce per “specchiarsi” in Manon: sarà quest’ultima che verrà a prenderla per l’ultimo addio. Accanto a loro, in scena, sono tutti gli artisti del corpo di ballo a brillare nei molti importanti ruoli del balletto: impeccabile Mick Zeni un severo Monsieur Duval, Il Duca era Riccardo Massimi, Antonino Sutera invece Il Conte di N. Efficace la Prudence di Martina Arduino (che sostituiva l’indisposta Antonella Albano). Gioacchino Starace era Gaston Rieux, impagabile coquette l’Olympia di Caterina Bianchi e Monica Vaglietti nel ruolo di Nanine. Resta da sottolineare la buona prova del Corpo di ballo scaligero, che nelle scene corali esemplifica la società parigina raffinata e frivola, con una prova di leggera spensieratezza. Di rilievo la prestazione di Roberto Cominati al pianoforte. Sul podio Theodor Guschlbauer, completa con una direzione attenta e puntuale la magnifica serata. Un teatro strapieno, tanto da “far pancia” ha tributato ovazioni ai protagonisti e festeggiato calorosamente tutti gli artisti. Recita del 10 gennaio 2018.
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