Svetlana Zakarova illumina Giselle

Con la creazione di Giselle nel 1841, il Romanticismo raggiunse nel balletto l’espressione più alta e completa: non più virtuosismi e fredde convenzioni legate al classicismo ma focalizzazione su aspetti più umani della vita.
L’amore, la morte e i coinvolgimenti emotivi e spirituali sono i soggetti preferiti di canovacci, romanzi e partiture musicali; l’artista concepisce l’arte nell’impatto emotivo che suscita, più che in quello puramente tecnico basato su principi formali. Anche la danza fa proprie le istanze delle nuove correnti artistiche.
Il Teatro alla Scala rispolvera il vecchio allestimento con scene e costumi di Aleksandr Benois rielaborati da Angelo Sala e Cinzia Rosselli; la coreografia di Coralli-Perrot, le cui proporzioni auree si sposano al fascino dalle crepuscolari atmosfere del Romanticismo, è ripresa da Yvette Chauvirè.
Teatro nel teatro, in Giselle, la danza è sia soggetto sia il contenuto del balletto creato da Jules Perrot, perché è attraverso la danza che la regina delle Villi raduna gli spiriti e, più avanti, la separazione dei due infelici amanti è attuata a serrati passi di danza; la diversità degli stili dei due atti, lo svolgimento drammatico di questo balletto romantico, costituisce una sfida per ogni grande ballerina.
Svetlana Zakarova torna per la sua ennesima Giselle sul palcoscenico scaligero, serie iniziata nel 2005. Dominatrice della serata, la ballerina russa ha mostrato il grande lavoro compiuto sul personaggio dalla sua prima esibizione milanese: persa l’ingenuità della fanciulla, svaporata la stilizzazione che la tratteneva in stilemi un po’ algidi (facendole agire la scena della pazzia più sotto impulsi meccanici che di intima sofferenza, senza riuscire a far vibrare le corde della commozione), raggiunge ora l’apice della perfetta e compiuta maturazione.
Viso iconico, cameo d’avorio, è sin dal suo apparire in scena un distillato di emozioni e fascino ammaliante, scaturiti dalla forza dei sentimenti che sprigiona. Mai un gesto casuale o un’espressione non sentita: stupore nello sguardo al veder la spada, fierezza e dignità allo scoprimento di Albrecht già fidanzato. Da qui inizia a trasparire sul suo volto l’ombra del destino.
Arrivata ai quarant’anni, Svetlana Zakarova ha mantenuto intatti i prodigi di tecnica per i quali si era da subito imposta. Niente la impensierisce, i tour fouettés sono sempre veloci, di forza i manège, eleganti arabesque penchè, lunari i grand jeté. Tutta la serie di batterie si distingue per precisione, leggerezza e brillantezza, senza dimenticare i leggendari port de bras che conquistarono sin dalla sua prima apparizione, al gala degli Arcimboldi in memoria di Nureyev.
Trasfigurata, straziata nella drammaticità della pazzia, la Zakarova usa nel II atto (accanto a pose che sono la quintessenza del romanticismo) la perfezione dei passi sempre in funzione espressiva, fondendo l’aspetto tecnico in quello interpretativo a duplicare il rapimento, ottenuto con un rigore e precisione impeccabili. Uno scavo, una dedizione al personaggio di forte adesione, un carisma interpretativo che raggiunge le vette del sublime nel finale, e al quale è impossibile rimanere insensibili.
Il Principe Albrecht era lo statuario David Hallberg: eccellente partner, morbido e flessuoso, ottimo porteur, dalle solide prese. Potenza nei manègee precisi battements il suo punto di forza. Più scintillante nel II atto dove, ai sontuosi grand jetè di lei, replica con i suoi.
Si fonde perfettamente con la Zakarova, disegnando pose plastiche perfettamente sincrone e figure di coppia da blocco marmoreo. Attore credibile (un Leslie Howard della danza) acquista intensità dalla fine del I atto quando assiste, con sguardo sconvolto e un po’amletico, alla morte di Giselle.
Ammaliante l’ingresso di Maria Celeste Losa, una Mirtha dai begl’arabesque e grand jetè, come brave le due Willi di Alessandra Vassallo ed Emanuela Montanari.
Hilarion era un credibile Mick Zeni. Nel passo a due dei contadini, non sempre sincroni, risalta più la Vassallo di Mattia Semperboni. Vivace e partecipe il corpo di ballo, assolutamente splendido nel II atto.
Direttore d’orchestra era David Coleman, lento nel I atto, ove la musica della bella partitura si sperde, raggiungendo nel secondo tempi più giusti e armoniosi.
Successo, con Svetlana Zakarova che ha sempre voluto dividere gli applausi con Hallberg.
Recita del 19 settembre
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