The Dirt, sesso, droga e Rock ‘n’ Roll

Si chiamavano Mötley Crüe e hanno segnato la storia della musica. The Dirt è il racconto, più o meno riuscito, della loro incredibile parabola fatta di eccessi e canzoni indimenticabili. Lo specchio di un Rock che ormai non esiste più.
Fare un film sulla storia di una band di successo mondiale è tutt’altro che facile. Lo ha dimostrato Bohemian Rapsody, nonostante gli Oscar, e ce lo conferma pure The Dirt. Sarà che condensare in un paio dore decenni di carriera e di successi non è affatto facile, così come non è semplice mettere su schermo personaggi del calibro di Ozzy Osbourne o Tommy Lee. C’è da dire che, in questo caso, i dubbi sulla caratterizzazione dei quattro membri dei Mötley Crüe sono più che legittimi, specialmente se pensiamo proprio al loro storico batterista che, in questo film, sembra un bamboccione un poco tonto e non l’animale da palcoscenico che tutti abbiamo conosciuto.
Il film si basa sul libro The Dirt: Confessions of the World’s Most Notorious Rock Band di Neil Strauss, in cui i quattro membri dei Mötley Crüe – il cantante Vince Neil (Daniel Webber), il chitarrista Mick Mars (Iwan Rheon), il bassista Nikki Sixx (Douglas Booth), e il batterista Tommy Lee (Machine Gun Kelly) – raccontato la loro incredibile storia. Tutto comincia da Nikki Sixx, il bassista che trova nella musica (e nell’alcool) tutto quello che la vita non gli aveva dato. Quando incontra Tommy Lee, un giovanotto appassionato di batteria che ancora vive con i genitori, decide che è ora di formare un nuovo gruppo. Ben presto incontreranno il loro chitarrista grazie ad un annuncio su un giornale locale e poco dopo toccherà a Vince, il cantante amico di vecchia data di Tommy Lee, unirsi alla band. Il loro primo concerto comincia con una rissa, ma è evidente che i ragazzi hanno talento e ben presto firmeranno un contratto con Elektra per ben cinque album. Tutto quello che accade in seguito è pura autodistruzione. Sesso, droga, alcool, ritmi indiavolati. Follia allo stato puro che, in parte, nasconde i drammi personali che ciascuno di loro deve portarsi appresso. E’ un vero miracolo musicale quello che questi quattro ragazzi sono riusciti a mettere in scena, ed è un miracolo ancora più grande che siano ancora tutti vivi dopo tutto quello che hanno combinato in una quarantina d’anni di onorata carriera.
Il problema di The Dirt è che riduce tutto a quattro ragazzi che spendono centinaia di migliaia di dollari in feste esagerate. C’è ben poca musica nelle due ore di pellicola. Ci sono parecchi momenti che sono letteralmente vomitevoli, in particolare l’incontro con Ozzy Osbourne che si fa una riga di formiche vive e poi si mette a leccare la propria urina. Per ciascuno dei protagonisti vi sono momenti di protagonismo negativo basati su fatti reali, come la morte della bimba di Vince Neil per un cancro, ma – purtroppo – sembrano tutti appiccicati tra un party e un altro. Senza un vero filo logico e senza che gli attori riescano a trasferire l’aspetto umano di quella sofferenza.
Forse, la scelta di Netflix di affidare The Dirt a Jeff Tremaine, regista dei vari Jackass, non è stata la migliore. Le similitudini con i suoi film precedenti sono ahimè evidenti, e questo rende il film un collage di scene e momenti distinti che non rendono il giusto onore ai Mötley Crüe. Divertente, almeno, la scena finale con un cammeo della band, alcune foto di repertorio e qualche parallelo tra immagini del film e immagini delle scene reali vissute da questi quattro miracolati.
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