The Walking Dead e la crisi della settima stagione

Cala il sipario sulla settima stagione di The Walking Dead, la serie campione d’incassi di AMC. Numeri impietosi, critiche negative, protagonisti che muoiono, fans sul piede di guerra. C’è bisogno di un cambio di rotta.
E pensare che il primo episodio della settima stagione di The Walking Dead era stato seguito da oltre 17 milioni di telespettatori solo negli Stati Uniti. Quasi un record. Purtroppo per Rick e compagni, però, da lì in avanti il declino è stato inesorabile, toccando un minimo do 10 milioni di telespettatori con l’episodio 6 per una media stagionale di poco superiore agli 11 milioni.
Intendiamoci: stiamo comunque parlando di numeri da capogiro che farebbero inorgoglire qualsiasi altra serie TV che non sia Game Of Thrones. Però stiamo pur sempre parlando di un trend molto negativo se consideriamo che per pescare quando è stata l’ultima volta che The Walking Dead ha ottenuto questi valori di audience, dobbiamo rispolverare la sua terza stagione.
Cerchiamo di capire insieme quali sono i motivi di questa crisi.
Il primo episodio. La sesta stagione si era conclusa lasciando gli spettatori con il fiato sospeso. Era comparso per la prima volta Negan, il nuovo cattivo, e si sapeva che avrebbe ammazzato almeno uno dei protagonisti storici della serie. Sebbene questa discutibile trovata abbia permesso ad AMC numeri da record per il primo episodio, ha generato un’aspettativa altissima nel pubblico. Aspettativa tradita dai seguenti tre, quattro episodi, che di emozionante hanno avuto ben poco. Effetto boomerang.
Gli zombie. Uno dei problemi principali sono proprio loro. Il Walking Dead che sette anni fa faceva paura grazie a quel passo incerto e la voce gracchiante, non funziona più. I produttori pare se ne siano resi conto ma invece di rinforzarne la componente paurosa hanno aumentato quella splatter, rendendoli semplicemente vomitevoli. Avete presente quelli ricoperti di coralli e cozze che uscivano dalla barca arenata durante il penultimo episodio della stagione? Vomitevoli, appunto.
Negan. Come anticipato dal fumetto, Negan è il cattivo più cattivo che c’è. E’ un sadico, psicopatico, assassino che punta a sottomettere i propri nemici distruggendoli psicologicamente, uccidendo tutti quelli che non accettano il suo volere. Mancano talmente tanti elementi di questa descrizione tanto nel copione quanto nell’interpretazione di Jeffrey Dean Morgan che non saprei nemmeno da dove cominciare. Stiamo parlando di un bravissimo attore ma, probabilmente, questo personaggio non fa per lui o, semplicemente, non lo ha interpretato nella maniera corretta. Alzi la mano chi non ha pensato almeno una volta di cambiare canale durante uno dei suoi noiosissimi monologhi che avrebbero dovuto spaventare il malcapitato a cui erano indirizzati.
Qualità. Al di là dei costumi, che non sono cambiati negli anni, ci sono state parecchie scene dove pare si sia perso il senso della qualità che era una caratteristica fondamentale di The Walking Dead. Un esempio? Il finale di uno degli ultimi episodi. Quando Rick incontra il nuovo gruppo di disperati capitanati da Jadis e, dalla cima di una montagna di immondizia, guarda l’orizzonte e vede una distesa interminabile di rifiuti. Peccato che si veda lontano un miglio che si tratta di una specie di cartonato da rappresentazione dell’oratorio e, sul più bello, un aereo passi in cielo proprio dietro la sua testa. Per favore…
Sceneggiatura. In questa settima stagione abbiamo visto crisi esistenziali irreversibili, lavaggi di cervello, depressioni e manipolazioni psicologiche. Tentativi di distruggere un personaggio dimenticati in un battibaleno (vero Daryl?). Per non parlare della donna incinta che vede il marito morire ammazzato a colpi di mazza da baseball e poco dopo si mette a fare la guerrigliera rivoluzionaria, o del sacerdote codardo che riceve la chiamata… alle armi. Un guazzabuglio di eventi a volte (poche) credibili, a volte (molte) no, che non aiutano certo a coinvolgere lo spettatore. Ridateci una trama.
Episodio finale. Tutti si aspettavano che tornasse l’azione ed invece ecco un altro episodio strappalacrime con un altro personaggio storico che se ne va. Sasha si suicida per evitare a Rick l’angoscia di dover decidere se lottare o meno. Peccato che i nostri eroi di Alexandria fossero già praticamente sconfitti (disarmati e con nemici che gli puntavano le armi in faccia da un metro) e con un doppio twist piuttosto discutibile (Sasha-zombie prima, la tigre poi) riprendono il controllo della situazione e si mettono a combattere contro Negan e compagni. Quindici minuti di azione che comunque non sono sufficienti per cancellare una stagione d’incertezze.
Siamo quindi alla fine di un’epoca?
Credo di no. The Walking Dead gode ancora di un pubblico appassionato e speranzoso che saprà tornare ad appassionarsi se dalle parti di AMC avranno il coraggio di cambiare rotta con scelte veramente coraggiose.
Per esempio chuidendo in fretta il capitolo Negan, ormai irrimediabilmente rovinato, e dando una ringiovanita a questi zombie che, come ogni altro essere, devono saper evolvere per poter sopravvivere. Fateli camminare più velocemente, fateli diventare contagiosi al contatto, fateli diventare erbivori. Qualsiasi cosa!
L’importante è che The Walking Dead torni a farci paura. Perché in questa settima stagione, di spaventoso, c’era solo la storica sigla iniziale.
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