Il trans più speciale di hollywood è tornato

Gli Emmy awards non sono ancora stati assegnati. Mi accingo a scrivere quest’articolo che, per esigenze di redazione, dovrà essere completato prima dell’inizio della cerimonia di Los Angeles e penso alle mie previsioni (aggiungerò i risultati nei commenti di questo pezzo nel corso della mattinata di lunedì). Su tutte, due mi sta particolarmente a cuore: quella per la miglior serie e quella per il miglior attore, in entrambi i casi per la categoria commedia, dove mi auguro possano trionfare Transparent ed il suo protagonista Jeffrey Tambor, il trans Morton Pfefferman (chiedo venia, Maura Pfefferman). Bissando così il successo strepitoso ottenuto alla settantaduesima edizione dei Golden Globe, nel gennaio 2015, che celebrò a dovere la prima stagione della serie.
Maura è una donna nata nel corpo di un uomo che, solamente all’inizio della sua vecchiaia e dopo un matrimonio andato male da cui sono nati tre figli dalle vite ingarbugliate, trova la forza di raccontare al mondo la sua storia di transgender. E lo fa partendo proprio da suoi ragazzi Sarah (Amy Landecker), Ali (Gaby Hoffman, la mia preferita) e Josh (Jay Duplass). Ed è proprio qui che inizia la prima stagione di Transparent, serie TV di Amazon che solo per il nome meriterebbe un premio ad honorem.
Transparent, infatti, in inglese significa “trasparente” ed è proprio così che ha cercato di sentirsi Maura durante tutti quegli anni di vita in cui è stata costretta a vestire i panni di Mort, martirizzando la sua stessa anima. Ma trans e parent (“genitore”) sono anche due parole che si possono leggere distintamente, svelando come il mondo vede Maura: “semplicemente” un padre transessuale.
La famiglia è di quelle dove non ci si fa mancare nulla, per lo meno in termini di anticonformismo. Sarah, la figlia maggiore, è sposata, ha due figli ed un’amante donna per la quale distruggerà la sua famiglia che da fuori sembrava perfetta. Ali, interpretata in modo magistrale dalla Hoffman che vale da sola un Emmy, è la più piccola dei tre ed oltre ad essere sempre in bolletta e disoccupata è alla ricerca della propria sessualità (nel corso della prima serie riuscirà a mettere un po’ di chiarezza). Josh, invece, è il maschietto del gruppo, incapace di avere una relazione stabile, drogato d’amore (molto più che di sesso) e alla perenne ricerca della propria strada. E non possiamo certo dimenticarci di Sarah, la ex-signora Pfefferman che ora vive sola e, sebbene ostenti sempre una certa tranquillità, soffre per le vite scombussolate dei suoi cari. Ciliegina sulla torta, sono tutti Jewish (ebrei), e con questo possono stare certi di poter vivere in pieno la discriminazione, sessuale e/o religiosa che sia.
Definire Transparent una commedia è quantomeno limitante. Non mancano certo i momenti esilaranti (basta guardare la faccia di Jeffrey Tambor nei panni del trans per poter sorridere), ma l’anima della serie va ben oltre una risata. Si tratta di una battaglia per la libertà di essere ciò che si è, un diritto basilare che, oggi, è ancora difficile da garantire ad ogni persona ed in ogni angolo del mondo.
Oltre che nel più ovvio dei casi, la discriminazione degli altri maschi nei confronti di un uomo trans, Transparent racconta le difficoltà nel farsi accettare anche in situazioni meno scontate, come ad esempio nell’episodio numero nove della seconda stagione (intitolato Man on the land), dove Maura accompagna ad un festival per sole donne le sue due figlie Sarah e Ali e si ritrova ed essere discriminata in quanto ancora dotata di pene, a dimostrazione che la discriminazione non dipende dal genere o dalle preferenze sessuali ma è piuttosto la conseguenza di una cecità che ci impedisce di andare oltre fisicità ed apparenza.
Se mi è concessa una critica, la seconda stagione – pur mantenendo altissima la qualità della narrazione – ha visto accadere troppe cose ai protagonisti, tanto da far sembrare la storia troppo finta, almeno in alcuni momenti, forse nel tentativo di esasperare il diritto alla normalità per le persone che vivono una vita che la società considera non conforme.
Ad ogni modo, la terza stagione è alle porte (23 Settembre) e la quarta è già stata confermata. Emmy o non Emmy, Transparent è un prodotto che merita di essere guardato, e non fatevi scoraggiare dall’inizio lento o dai pugni nello stomaco che ogni tanto vi assesterà. Piuttosto, sorridete ogni volta che ve ne darà l’opportunità (lo farà spesso) ed arrivate fino in fondo. Ne varrà la pena.
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Jeffrey Tambor ce l’ha fatta. Ha vinto il suo Emmy come miglior attore per una serie comedy grazie all’interpretazione magistrale di Maura Pfefferman in Transparent! Peccato che la serie abbia perso il testa a testa con Veep per la miglior commedia, ottenendo comunque una seconda piazza più che onorevole.
Il premio per miglior interprete femminile, sempre nella categoria comedy, è andato a Julia Louis-Dreyfus (Veep); solo seconda Ellie Kemper (Unbreakable Kimmy Schmidt).
Lato drama, scontata affermazione per Game of Thrones, mentre il premio per il miglior attore è andato a Rami Malek di Mr. Robot. Bob Odenkirk (Better Call Saul), che avevo dato per vincente, è giunto solamente terzo.
Lontana dalla gloria Keri Russell (The Americans) nella categoria miglior attrice per una serie drammatica, vinta invece da Tatiana Maslany (Orphan Black).
Insomma, saluto questa edizione degli Emmy con due ori, due argenti ed un bronzo su un totale di cinque previsioni. Poteva andare meglio, ma quello che veramente mi riempie di orgoglio è avere assistito al trionfo di Transparent.