Trionfa l’India, versione Bol’šoj

E’ iniziata col botto la ripresa della Stagione autunnale del Teatro alla Scala, con l’ospitalità del Teatro Bol’šoj. Il teatro moscovita, restituisce la visita che i complessi scaligeri fecero in Russia l’anno scorso, rappresentando Simon Boccanegra diretto da Myung-Whun Chung e Messa da Requiem di Verdi con Riccardo Chailly.
La tournée del Teatro Bol’šoj
La tournée italiana si inserisce in un progetto più articolato, “Russian Seasons”, vero e proprio Festival ideato dal Ministero della Cultura della Federazione Russa che comprende concerti, rappresentazioni teatrali, balletti, mostre, incontri e proiezioni cinematografiche. Dopo il Giappone è l’Italia ad essere scelta quale destinataria 2018 per “Le Stagioni Russe”. A Milano le sedi naturali della manifestazione sono il Piccolo Teatro e la Scala.
Sul palcoscenico del Piermarini il Balletto del Teatro Bol’šoi ha rappresentato La Bayadère e La bisbetica domata. Sullo sfondo di un magico sapore di un’India leggendaria, si innesta La bayadère nella versione coreografica di Yuri Grigorovich, sull’originale di Marius Petipa. Il grande coreografo francese, influenzato dalla moda e dal fascino per l’esotismo dell’Oriente sconosciuto e favoloso, che tanta influenza aveva avuto in letteratura, creò uno dei memorabili balletti classici che sempre continua ad affascinare.
La Bayadère
Rappresentato per la prima volta a San Pietroburgo nel 1877, è un perfetto connubio tra intrighi, passioni amorose, assoli, passi a due e scene corali, senza trascurare puri momenti di divertissement. La passione amorosa di Nikiya, danzatrice del tempio, per il principe Solor, è contrastata dai doveri di casta rappresentati da Gamzatti, figlia del Rajah. Passione che condurrà alla morte della bayadère. Il balletto è giustamente famoso per la magia che ogni volta suscita negli spettatori lo stupore del quadro del Regno delle Ombre: distillato di danza pura, a disegnare con geometrico incanto figurazioni che sembrano non aver mai fine.
Grigorovich allestì la sua prima Bayadère nel 1991 per riproporla nel 2013, rimanendo inalterata nella sostanza di una conservazione dell’eredità classica di Petipa (comprensiva delle successive interpolazioni), con l’aggiunta di ampi frammenti ri-coreografati dallo stesso Grigorovich. La novità è la scelta di far terminare il balletto dopo il quadro delle Ombre, eliminando l’ininfluente scena finale del terremoto e distruzione del tempio. Nelle tre recite de La bayadère il Teatro Bol’šoj schierava cast di assoluto valore, riservando alla coppia Zakharova – Rodkin l’onore di iniziare il ciclo di rappresentazioni. Svetlana Zakharova conferma, con una superba interpretazione, di essere una Nikiya stellare: espressiva, sinuosa e radiosa.
La rappresentazione
Mostra una tecnica irreprensibile che declina in lirici arabesque, raffinatissimi port de brase agguerrite batterie. Molto bene nel primo pas de deux, spettacolare nel secondo. Il lato interpretativo è del pari coinvolgente: appassionata e tenera nel I atto, determinata e fiera nel duetto con la rivale, dolente e commovente (ma briosa di scatti) nella scena del canestro di fiori. Superba nel III atto con momenti di alto lirismo e fascino poetico. Le era accantoDenis Rodkin, buon interprete e ottimo porteur: ammirazione per la leggerezza e il ballon, entusiasmo e precisione di entrechate scintillanti manège (che strappano il primo boato della serata a un pubblico, fin a li, quasi compassato).
Solor di eleganza interpretativa, appassionato ma con un ombra di cinico opportunismo all’implorante sguardo di Nikiya morsa dal serpente. Olga Marchenkova, ieratica Gamzatti, regale nel portamento e brillante nelle acrobazie tecniche, sfoggiava buon aplombe imponenti grand jeté.
Non perfetta fusione invece con il partner nel pas des deux. Un Idolo d’oro di fiammeggiante souplesse nei potenti manège quello di Vyacheslav Lopatin; ma tutto il restante cast meriterebbe la citazione e i giusti elogi, compresi gli allievi della Scuola di Ballo dell’Accademia scaligera.
Una menzione merita il Corpo di ballo: nel III atto si son viste trentadue ombre sincrone di rara perfezione, salutate da un’ovazione. Le scene, fondalini coloristici e molto teatrali, erano di Nikolai Sharonov, fantasmagorici i costumi di Valery Leventhal, importanti luci di Mikhail Sokolov. Molto buona e partecipe la resa dell’Orchestra dell’Accademia Teatro alla Scala, sotto il piglio energico e piacevole di Pavel Sorokin. Un diluvio di applausi per tutti, al termine della rappresentazione, con ovazioni per le stelle SvetlanaZakharova e Denis Rodkin.
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