Un’Iliade di struggente potenza

Terzo appuntamento per la rassegna “Altri Percorsi”, con ILIADE del Teatro del Carretto di Lucca, diretto da Maria Grazia Cipriani. Una compagnia che fin dalla metà degli anni ’80 si distinse da subito, sul terreno della sperimentazione teatrale, per la pregnante capacità di creare spettacoli che si ponessero quale intelligente alternativa al teatro di parola. Un’alternativa fattasi ormai dolorosamente drammatica, visto che mai come in questo momento storico il teatro di parola accusa vistosi segni di stanchezza nella credibilità della rappresentazione e, soprattutto, nella isterilita creatività. La compagnia toscana privilegia, a seconda dei lavori, l’importanza dell’elemento fisico e della corporeità dell’attore, affiancate alla presenza di manichini e componenti meccaniche, portando sullo sfondo la parola, preferibilmente registrata e raramente “detta” dagli attori, quale intelaiatura su cui costruire lo spettacolo.
E’ il caso dell’Iliade che l’altra sera è tornata a Bergamo dopo venticinque anni, ma al Teatro Sociale di Città alta, in una serata scelta quale ricordo speciale di Benvenuto Cuminetti, l’anima e l’ideatore di questa rassegna teatrale complementare e d’avanguardia, ideale scuola di formazione per una buona fetta di pubblico bergamasco. Una serata molto attesa, esaurita da tempo, a cui centinaia di persone che non hanno potuto accedere per la limitata capienza della sala, hanno nonostante tutto provato a mettersi in lista d’attesa. Iliade, rivista a distanza di tanti anni, conferma quel ricordo di potente spettacolo che la memoria conservava, violento e raffinato al tempo stesso, nel quale sanno convivere il mito omerico e la realtà storica; capace di penetrare nei più reconditi spazi dell’animo dello spettatore, scatena i più diversi e intensi stati dell’emozione. La regista Maria Grazia Cipriani fa procedere il racconto attraverso un’orchestrazione dell’azione che si sviluppa su diversi piani scenici, con la sincronia del gioco degli oggetti: la presenza dell’attore è parallela a quella della marionetta o dei manichini meccanici e la scenografia, in un rapporto di simbiosi, si delinea come una componente fondamentale. La pantomima, la musica, la parola, anche l’oggetto che appare elemento di insignificante trovarobato, il particolare scenografico o il gesto più elementare si combinano con gli altri più estesi elementi a cercare un movimento ritmico globale che si sovrappone e si fonde nella tensione teatrale.
Il fascino che traspare dai loro spettacoli è immediato, perché le soluzioni adottate sono, oltre che intelligenti, teatralmente efficaci e ammalianti. Nell’Iliade l’uso di macchine teatrali, cavalli meccanici, pupazzi e mascheroni, esalta il versante guerresco e primordiale , riscontrabile nelle fattezze quasi orientali, primigenie, degli dei dell’Olimpo. Una rappresentazione che a distanza di un quarto di secolo non ha perso nulla della sua scabra drammaticità e violenza, lasciando il pubblico che gremiva il Sociale letteralmente allibito alla fine della rappresentazione, per riscuotersi dallo stato di annichilito torpore in cui era stato ammaliato e decretare alfine, con sincera approvazione, un caloroso successo a tutti i membri della compagnia chiamati più volte alla ribalta.
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