Vice, Christian Bale ipoteca l’Oscar

Delle otto statuette per cui è stato nominato Vice, quella per il miglior attore protagonista è certamente la più credibile. Il Dick Cheney messo in scena dall’attore gallese è a dir poco strepitoso.
La squadra di The Big Short, capitanata dall’autore e regista Adam McKay e la sua prima stella Christian Bale, torna a lavorare insieme in Vice. Un film che ricostruisce la carriera del vicepresidente degli Stati Uniti Dick Cheney e che si candida ad assere protagonista nell’ormai prossima notte degli Oscar. Curiosamente, però, McKay sembra aver ripetuto gli stessi errori commessi nel film precedente, dove a un cast stellare non facevano seguito una storia ed una regia all’altezza della situazione.
Lo stile di Vice è quello caro a McKay: una storia romanzata e raccontata in stile documentario che, volutamente, non lascia intendere allo spettatore quando si parli di finzione e quando di fatti realmente accaduti. Tutto inzia con un giovane Cheney (Christian Bale) fermato per guida in stato d’ebbrezza, per poi spostarsi rapidamente all’undici settembre dove l’uomo, da un bunker segreto, ordina l’abbattimento del secondo aereo dirottato. Un “fast forward” che sottolinea i tratti controversi di questo personaggio che, praticamente da solo, ha rimodellato i confini politici ed economici del mondo che conosciamo.
La storia riprende dagli anni settanta con Dick e la sua Lynne (Amy Adams) ancora studenti e il ragazzo ancora alle prese con problemi di alcol che, stavolta, gli costano l’espulsione da Yale. Sarà la sua Lynne a riportarlo sulla retta via e, grazie a un lavoro da assistente per il parlamentare del Congresso Donald Rumsfeld (Steve Carrell), Dick scoprirà la sua vera passione: la politica. L’escalation fino a diventare Chief of Staff (capo dello staff presidenziale) sarà rapidissima.
La vera svolta, però, avverrà qualche anno più tardi, quando il parlamentare Cheney invitato a un party a casa del presidente Bush incontro suo figlio George Bush Junior (Sam Rockwell) visibilmente ubriaco. Nel 2000 sarà proprio il neo-presidente a proporgli di diventare il suo vice. Cheney non sarà però un vicepresidente come tutti gli altri. Pretenderà e otterrà responsabilità e poteri che lo renderanno unico nella storia degli Stati Uniti.
Quello che veramente balza agli occhi dello spettatore fin dai primi fotogrammi è che Vice deve la sua fortuna a Christian Bale. L’attore gallese si trasforma per l’ennesima volta e, anche grazie a un trucco eccellente, mette in scena in Cheney superlativo e irriverente. Uscirete dal cinema odiando quel personaggio e chiedendovi come sia stato possibile che un solo uomo controllasse una simile quantità di potere. E il resto del cast non è da meno, Adams, Carrell e soprattutto Rockwell supportano egregiamente Bale tanto da meritarsi due nomination per ruolo secondario (Adams e Rockwell).
E’ nel format e nella regia che Vice lascia un poco l’amaro in bocca. McKay, già Oscar per per la sceneggiatura con The Big Short e qui nominato per due statuette, ripropone lo stesso formato visto nel film del 2015. Il risultato è una narrazione spesso tediosa, con episodi avidamente dettagliati che si alternano a passaggi raccontati dalla voce fuoricampo che magari avrebbero meritato più attenzione.
Vice è un House of Cards (quello delle prime stagioni) elevato all’ennesima potenza, e il fatto che si tratti di una storia vera non farà che potenziarne l’effetto. Godetevi lo splendido lavoro messo in scena dal cast stellare e cercate, se potete, di non concentrarvi sul suo formato. In ogni caso uno dei migliori film di un 2018 avaro di emozioni.
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