Wisdom of the Crowd. Un social contro il crimine

Nella nuova serie di CBS, un social network viene utilizzato per risolvere i casi che la polizia non riesce a chiudere. La saggezza dei tanti (Wisdom of the Crowd, appunto) sopperisce alle lacune di quella dei pochi. Basta non preoccuparsi troppo della privacy.
Alla nostra intimità digitale abbiamo rinunciato da un pezzo. Chiunque abbia un profilo in un social network sa che, almeno online, non si può più nascondere. La privacy 2.0 non e’ qualcosa che possiamo proteggere, è il lasciapassare che ci permette di entrare in questo mondo parallelo. In Wisdom of the Crowd, la serie di CBS in onda negli Stati Uniti dallo scorso primo di ottobre, questo problema viene trasformata in un punto di forza. Le informazioni frammentate provenienti da milioni di utenti vengono aggregate da un super computer alla ricerca della verità nel mondo reale.
Jeffrey Tanner (Jeremy Piven) è un imprenditore visionario che ha fatto la sua fortuna in Silicon Valley proprio grazie ad una rete sociale di portata mondiale. Quando però la sua unica figlia viene brutalmente assassinata, la sua vita cambia irrimediabilmente. Jeffrey vende la sua azienda e costruisce un sistema di intelligenza artificiale (Sophie) che sfrutta il social network per risolvere crimini di qualsiasi genere. Un sistema che, grazie al contributo volontario degli utenti, permette di individuare i colpevoli in tempi brevissimi. Perché Jeffrey è convinto di una cosa: l’uomo arrestato e messo in carcere per l’omicidio della figlia non è il vero assassino.
Wisdom of the Crowd inzia proprio da qui. Dalla conferenza stampa in cui Tanner dichiara di aver venduto tutto e di aver attivato Sophie, riaprendo l’investigazione sull’omicidio della figlia. E, naturalmente, queste indagini parallele alla polizia non piacciono. Le vedono come un tentativo di screditare il loro lavoro e di mettere in pericolo la sicurezza di migliaia di persone che vogliono essere Sherlock Holmes.
Tanner però non si arrende. Risolvendo un paio di casi senza speranza, convincerà il detective Cavanaugh (Richard T. Jones) che Sophie è uno strumento potentissimo e che l’assassino della figlia è ancora a piede libero. Abbastanza per dare una chance alla comunità ed a quella soluzione futuristica.
Per quanto affascinante, l’idea alla base di questa serie non è particolarmente innovativa. The Circle, film dell’aprile scorso con Tom Hanks ed Emma Watson, si basa sullo stesso concetto. Né la critica né il pubblico, però, hanno apprezzato la pellicola a causa di una realizzazione alquanto approssimativa. Sarebbe interessante sapere se i due progetti sono in qualche modo legati. Apparentemente non vi sono intrecci di sorta, ma le similitudini sono davvero imbarazzanti.
Non sarebbe certo la prima volta che accade una cosa simile dalle parti di Hollywood. Basti pensare ai due film su Robin Hood usciti praticamente in contemporanea nel 1991.
I primi episodi di Wisdom of the Crowd sono caratterizzati da una struttura piuttosto rigida. Sophie permette di risolvere un caso, dando credibilità al suo inventore, ma non riesce a contribuire all’individuazione del vero assassino della figlia. Un copione che toglie un poco di suspance ma che permette allo spettatore di abituarsi al canovaccio ed ai personaggi.
Non mi sarei mai aspettato di scriverlo, ma l’interpretazione di Piven è sembrata sottotono. L’attore, famoso per ruoli come quello del manager Ari Gold di Entourage o dell’imprenditore espatriato di Mr. Selfridge, questa volta non convince completamente. Non male, invece, Jones che con un distintivo e una pistola fa sempre una buona figura.
La serie ha certamente molto da raccontare prima di poter essere giudicata completamente. E’ però il tempo ad essere tiranno: mancano solo tre episodi alla sua conclusione. L’episodio trasmesso ieri sera è il quarto e questo significa che siamo già oltre il giro di boa (saranno sette in totale).
Pensata più per gli amanti della tecnologia che per quelli del giallo, Wisdom of the Crowd dovrebbe avere il coraggio di fermarsi qui. Apprezzabile come mini-serie, non credo possa avere materiale per uno sviluppo su più stagioni. Specialmente se gli autori saranno stati capaci di regalarle un bel finale a questa prima parte. L’eventuale proseguo con altri episodi, rischierebbe di sacrificare la storia esattamente come accadde per il film The Circle.
Tante, troppe produzioni non sanno proteggere una buona idea di partenza e finiscono per spremerla fino a rovinarla . Vedremo se, in questo caso, la saggezza avrà veramente la meglio.
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